La seconda
giornata del Festival “Tra Le Rocce e il Cielo” ha visto protagoniste le donne
coinvolte nei conflitti armati del presente e del passato. Il convegno “L’Elmo
di Atena” durante la sessione pomeridiana, nella splendida cornice del teatro
Sant’Anna di Riva di Vallarsa, impreziosito dalla mostra fotografica sull’Afghanistan
di Carla Dazzi, ha visto gli interventi di cinque protagoniste d’eccezione che
hanno portato la loro testimonianza raccontando come la donna durante i
conflitti non sia esclusivamente vittima designata ma anche, e soprattutto,
motore inesauribile di cambiamento e resistenza.
Il convegno è
iniziato con il complesso intervento di Bruna Bianchi, storica dell’università
di Venezia, che ha analizzato la figura femminile nel primo conflitto mondiale
sotto vari aspetti creando un filo diretto con il convegno mattutino e gettando
un ponte con il presente e con la contemporanea situazione di genere. Come ha
sottolineato la studiosa, la violenza, sia essa diretta, strutturale o istituzionale
è frutto della natura misogina e maschilista della società, di un imperante
visione patriarcale che si concretizza in una sorta di cannibalismo di genere
che fagocita la donna in ogni settore sociale.
La donna nel
conflitto, nel pensiero dominante e propagandistico, trova la sua ragion d’essere
e la sua identità solo se impegnata in attività collaterali e di supporto all’azione
dell’uomo. Tutto l’intervento della professoressa Bianchi, invece, è stato
volto a sottolineare la complessità, eterogeneità e importanza della donna come
attore sociale impegnato nella salvaguardia della società civile e nel gettare
le basi per la ripartenza nel dopoguerra.
All’intervento
della professoressa Bianchi sono seguiti quello di Ozlem Tanrikulu,
presidentessa di UIKI-Onlus, quello della blogger italo-siriana Asmea Dachan,
quello della fotografa e attivista Carla Dazzi e quello della giornalista
Cristiana Cella.
L’intervento
di Tanrikulu ha presentato la storia e l’attività delle donne kurde impegnate
nella resistenza civile e militare volta alla difesa e al riconoscimento della
loro identità e del loro territorio, una terra, come ha detto la stessa
Tanrikulu, che non esiste per nessuno, sottolineando come l’identità kurda sia
costantemente minacciata e contrastata.
L’intervento
di Asmea Dachan ha presentato la situazione di conflitto che negli ultimi anni
sta insanguinando la Siria. Ha raccontato la nascita di organizzazioni
femminili di autoaiuto nei campi profughi in Turchia, associazioni informali e
non riconosciute che vedono le donne impegnate ad aiutare le altre donne nei
campi per fornire aiuti di natura sanitaria e assistenziale.
Carla Dazzi e
Cristiana Cella, entrambe membri del CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno
Donne Afghanistan) hanno raccontato la lenta e inesorabile distruzione di un Paese
che dura da circa 40 anni. Hanno raccontato come le Ong afgane con cui
collabora il CISDA (Hawca, Opawc, Afceco, Rawa e Saajs) lottino a fianco delle
donne, fin dai campi profughi in Pakistan successivi all’invasione russa degli
anni ’80, per l’emancipazione femminile, i diritti umani, la giustizia
tradizionale e la tutela e la difesa dalla violenza sociale e domestica.
Le relatrici,
nella tavola rotonda che è seguita ai loro interventi di apertura, sono
convenute su come la condizione della donna durante i conflitti armati e nella
società civile dei dopoguerra sia sostanzialmente rimasta invariata nel tempo. Anzi,
rispetto al Primo Conflitto Mondiale, le guerre che lo hanno susseguito hanno
manifestato una recrudescenza nei confronti dei civili e dei più inermi in primis, donne e bambini.
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