giovedì 26 maggio 2016

Le Alpi fra Confini e Frontiere

Intervista ad Annibale Salsa


Le Alpi, nella storia, hanno giocato ruoli diversi. A volte hanno formato una frontiera, troppo spesso una trincea, fra Stati nemici e avversari. Altre volte sono state un confine pacifico, attraverso cui avvenivano scambi, commerci, viaggi. Lo spazio alpino, prima di venir diviso fra Stati nazionali, ha sempre rappresentato uno spazio di diversità e ricchezza culturale, di cerniera più che di barriera. Oggi le risposte alle migrazioni che attraversano Mediterraneo ed Europa stanno nuovamente trasformando le Alpi in barriere invalicabili, facendo fare passi indietro da gigante al sogno di integrazione europea, e risvegliando fantasmi del passato che pensavamo relegati ai libri di storia. Di questo e altro parliamo con Annibale Salsa, antropologo, che è diventato nel tempo una colonna portante del nostro Festival.



Annibale Salsa all'Edizione 2013 del Festival


La questione dei confini interni all’Unione Europea si sta ponendo con insistenza e urgenza. Cosa pensa della situazione attuale? Cosa significa, oggi, chiudere il Brennero?

La situazione che si è venuta a creare in Europa, a seguito dei recenti fenomeni migratori di portata epocale, investe in pieno lo spazio alpino. Le Alpi, infatti, si mostrano nuovamente nel ruolo ambivalente di cerniera e barriera. Questo territorio, coi suoi passi e coi suoi valichi, diventa snodo strategico nella gestione dei flussi migratori, e così è accaduto sovente nel corso della storia. Il Brennero è sempre stato un luogo conteso e diviso fra confine e frontiera: in passato, esso era mero confine amministrativo all’interno del Tirolo storico e dell’Impero asburgico. Ma, dopo la Prima Guerra mondiale, si trasforma in frontiera militare, presidiata e sorvegliata. Questa contrapposizione è diventata drammatica con la Seconda Guerra Mondiale. L’uso delle Alpi come “muraglia cinese” naturale si è progressivamente dissolto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, soprattutto con il varo del Secondo Statuto di Autonomia della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol (anno 1972) e, successivamente, con la rimozione della frontiera al Brennero nel 1992. Il disegno era quello di ripensare il Brennero non come frontiera chiusa, ma confine del tutto aperto. Confine e frontiera sono, quindi, concetti fondamentali e distinti.

Bandiere europee davanti al palazzo della Commissione, Bruxelles.

In cosa è consistito questo disegno europeo riguardo alle zone di confine?

Il disegno era quello, sintetizzato nel trattato di Schengen, di un’Europa senza frontiere: uno spazio europeo fatto di confini amministrativi, in cui gli Stati membri si sentissero gli uni vicino agli altri e non in contrapposizione permanente. Questa idea era basata sulla libertà di circolazione, che vuol dire anche osmosi e scambio, rispetto e convivenza. Era il sogno dell’integrazione europea che, però, si è rivelata un’astratta e burocratica unione finanziaria, non culturale e sociale. Una unione che sta mostrando la sua fragilità di fronte ai nuovi fenomeni migratori. Oggi siamo disorientati difronte alla riproposizione di uno schema troppo simile a quello anteriore alle due Guerre Mondiali, uno schema che ha provocato danni enormi e che si pensava fosse consegnato una volta per tutte ai libri di storia. Ciò che sta succedendo è un’aperta violazione del sogno europeo di Schumann, Adenauer, Monnet e di altri padri fondatori dell’Europa.



Cosa c’è, quindi, di drammatico nella chiusura del Brennero?

Beh, per prima cosa c’è il braccio di ferro politico che crea una tensione che non si pensava fosse più riscontrabile nell’area “pacificata” dell’Unione Europea: un tentativo degli Stati di riprendersi la propria piccola sovranità nazionale. Poi ci sono profili di diritto internazionale e comunitario che andrebbero evidenziati. Alcuni Stati stanno, di fatto, sospendendo unilateralmente un trattato sulla libera circolazione delle persone e delle merci che avevano sottoscritto e al quale si erano vincolati. Però, credo che il danno più grave e lacerante sia la distruzione del simbolo che il Brennero ha rappresentato nel corso della storia europea: la fine delle frontiere chiuse, del controllo nazionale dei valichi, del sospetto fra Stati rivali e la nascita di uno spazio di “libertà” per i cittadini europei. Il Brennero è un simbolo più forte di altri passi alpini, proprio perché proiettato più a nord verso il cuore dell’Europa. 



Credo che siamo arrivati ad un tema fondamentale, che verrà trattato in questa edizione del festival: confine o frontiera? L’anno scorso venne lanciata la proposta di compilare un “dizionario della montagna”: confine e frontiera sono stati proposti come termini che fosse indispensabile specificare per capire meglio lo spazio alpino. In cosa consiste la differenza fra questi due termini?

Questo dibattito non è molto comune ed è difficile affrontarlo in maniera approfondita: quella fra confine e frontiera viene sempre pensata come una distinzione bizantina e capziosa. Si tratta, invece, di una distinzione reale fra modi irriducibili di pensare e di governare territori contigui. Si può capire molto anche attraverso l’etimologia della parola: “confine” è, anzitutto, “con-fine”. Vuol dire che i popoli si percepiscono gli uni vicino agli altri, condividono lo spazio comune, uniti dalla linea che li accomuna. “Frontiera”, al contrario,, richiama il “fronte”, la contrapposizione militare, la non permeabilità degli spazi. Una frontiera e un fronte non sono attraversabili liberamente.

Vallarsa


Pensa che i territori transfrontalieri come le Alpi possano “insegnare” qualcosa all’Europa? Che ci sia una cultura in questi territori che possa essere estesa a livello europeo?

Io partirei proprio da Vallarsa. Questo territorio, sino alla fine della Prima Guerra Mondiale, è stato una frontiera politica ed un fronte militare. Oggi è un territorio delimitato da un confine amministrativo fra Trentino e Veneto. Anche qui, emerge il ruolo cruciale dei passi come luoghi di permeabilità e porosità. I passi, d’altronde, sono il cordone ombelicale delle Alpi, chiusi o aperti che siano. Il Brennero, fin dal Medioevo, era la via di accesso principale per assicurare il transito degli Imperatori dalla Germania a Roma. Nelle Alpi centrali, il passo del San Gottardo è stato, ed è ancora oggi, il simbolo della Confederazione Elvetica. Nelle Alpi occidentali, valori altamente simbolici avevano il Moncenisio, cerniera fra Piemonte e Savoia, ed il Monginevro, baricentro del Delfinato transalpino e cisalpino. Le Alpi sono state, per molti secoli, uno spazio aperto, come ha scritto il grande geografo Paul Guichonnet; spazio particolarmente attivo nel tardo Medioevo. Gli “Stati-Nazione”, subentrati con la modernità ai medievali “Stati di Passo”, nel secolo XIX hanno alimentato quegli “irredentismi” che si sono poi trasformati in “nazionalismi” totalitari dopo la fine della seconda Guerra Mondiale. Da qui nascerà l’idea e la pratica di chiudere i passi e i valichi, in controtendenza con la cultura delle genti alpine.


Come si possono mettere in comunicazione questa idea di “Alpi aperte” e l’Unione Europea di oggi?

Per esempio, io stesso partecipai - nei primi anni duemila - al progetto cartografico europeo denominato “Alpi senza frontiere / Alpes sans frontières”. Il progetto intendeva rappresentare le Alpi in modo diverso, al di là delle vecchie logiche di frontiera-barriera. Purtroppo, quell’iniziativa non è stata completata sull’intero arco alpino. L’iniziativa è stata realizzata e portata a compimento sulle Alpi occidentali fra Italia e Francia. E’ proseguita, seppure con modalità diverse, fra Italia e Svizzera. Purtroppo, non ha avuto seguito nelle Alpi orientali fra Italia, Austria e Slovenia. 


Dai confini e dalle frontiere, ai conflitti che attorno ai confini hanno luogo: il salto è facile. Difatti, quest’anno la giornata che il Festival tra le Rocce e il Cielo dedica alle lingue madri si occuperà del ruolo della donna nei conflitti armati. Ci parla degli argomenti che verranno trattati?

Per quanto riguarda le Alpi, il ruolo della donna è sempre stato fondamentale, sul piano economico e sociale. La responsabilità familiare coinvolgeva uomini e donne, soprattutto a causa delle migrazioni stagionali (invernali) dei lavoratori maschi. La donna, per quasi la metà dell’anno, diventava responsabile del nucleo familiare. Ovviamente, questa responsabilità si accentuava in tempo di guerra, quando i maschi partono per il fronte e le donne diventano protagoniste della comunità. Questa condizione, però, non può essere definita “matriarcale” in quanto, sotto il profilo antropologico e sociologico, la tesi non è sostenibile. Tuttavia, resta il dato di fatto che le società alpine hanno una forte connotazione femminile. A riprova di ciò, possiamo affermare come le comunità che hanno resistito di più al fenomeno demografico dello spopolamento sono quelle in cui le donne erano più presenti ed attive. Allorquando le donne hanno abbandonato la montagna, si è messo in moto il processo di disgregazione di quelle stesse comunità.


Ludovico Rella


mercoledì 18 maggio 2016

1° CONCORSO DI SCULTURA SUL LEGNO

Concorso di scultura sul legno: "Volti di Montagna"

Il legno è uno dei materiali principi della Vallarsa, materia prima che cresce rigogliosa
in ogni angolo del territorio. L'idea e nata dalla volontà del Circolo Ricreativo Sportivo Lamber di Riva di Vallarsa in collaborazione con l'associazione Tra le Rocce e il Cielo organizzatrice del Festival della Montagna vissuta con consapevolezza che si svolgerà in Vallarsa dal 10 al 21 agosto 2016.

Il concorso si svolgerà dal giovedì 10 a domenica 21 agosto 2016 presso il tendone
del Circolo Lamber a Riva di Vallarsa. L'obiettivo è quello di incentivare e valorizzare
questa forma d'arte, capace di trasformare un materiale povero in opere ricche di idee, emozioni e significati, valorizzando così un elemento caratteristico del nostro territorio.
La partecipazione sarà completamente gratuita, inoltre verranno offerti il pranzo e il
ricovero notturno delle attrezzature.




1) Il numero massimo di scultori ammessi sarà di 10 e lo scultore che farà la richiesta di
partecipazione dovrà indicare la preferenza tra tronco o pannello.
NB: L'organizzazione se nel caso di richieste superiori al numero dei tronchi o pannelli
disponibili, si riterrà libera di assegnare ad estrazione.

2) Il materiale verrà fornito dall'organizzazione sotto forma di tronchi di pino cm 130
e del diametro di cm 40-50 e di pannelli cm 120x80x10 circa. Si raccomanda in questo
caso di munirsi di apposito porta pannello panello che non potrà essere richiesto
all'organizzazione.

3) Gli attrezzi per la lavorazione dovranno essere di proprietà dell'artista. Inoltre
I'Artista dovrà munirsi di prolunghe elettriche e lampadine. Sarà possibile esporre a
discrezione del partecipante opere da lui eseguite.

4) Il tema del concorso designato dal comitato organizzatore è : "Volti di Montagna".

5) L'assegnazione delle postazioni con gazebo ai partecipanti e la consegna dei tronchi e
pannelli, avrà luogo presso il tendone di Riva di Vallarsa a partire dalle ore 9.00 del 18
agosto 2016. I partecipanti accetteranno il posto assegnato senza possibilità di sostituirlo.

6) Le spese di vitto e alloggio degli artisti sono a carico dell'Organizzazione dalle ore
12.00 del 10 agosto alle ore 14.00 del 21 agosto.

7) La competizione avrà inizio alle ore 9.30 di giovedì 18 agosto con riconsegna delle
opere eseguite entro le ore 16.30 di domenica 21 agosto. Le opere verranno esposte in
un'area attrezzata in modo che possano essere viste dal pubblico e votate dalla giuria
tecnica. Premiazione alle ore 10.00 circa presso il tendone del Comitato Organizzatore.

8) La Giuria Tecnica che si esprimerà in base alla qualità e originalità di esecuzione, verrà
nominata dal Comitato Organizzatore, ed il relativo giudizio sarà considerato
inappellabile. Non influirà sul giudizio complessivo il tempo di consegna dell'opera al
Comitato Organizzatore. Il Pubblico esprimerà la propria preferenza attraverso una
scheda voto da depositarsi in apposita urna situata presso la segreteria del comitato
organizzatore.

9) Le prime tre opere giudicate dalla giuria tecnica e la prima giudicata dal pubblico
rimarranno come patrimonio del Comitato Organizzatore.

10) Il concorso avrà luogo con qualsiasi condizione di tempo.

11) L'Organizzazione declina ogni responsabilità per danni che potessero venire arrecati
alle persone, o agli artisti nell'esecuzione del proprio lavoro e alle opere durante i giorni
e gli orari del concorso.

12) La domanda di iscrizione e gratuita ed avverrà a mezza compilazione del "Modulo
di iscrizione al concorso" che dovrà essere compilato, firmato per accettazione e restituito
tramite posta a Circolo Ricreativo Sportivo Lamber Fraz. Riva n°24 30060 VALLARSA
(TN) o tramite email all'indirizzo circololamber@virgilio.it entro e non oltre MERCOLEDI'
10 AGOSTO. La domanda comporta l'automatica accettazione delle norme contenute nel
presente regolamento.

Il Comitato Organizzatore selezionerà gli scultori partecipanti in base al curriculum ed
alle opere realizzate, l'Organizzazione provvederà ad avvisare tempestivamente gli
scultori prescelti.



Per altre informazioni e per scaricare regolamento e scheda di iscrizione concorso
rivolgersi:

www.circololamber.it               email> circololamber@virgilio.it

www.tralerocceeilcielo.it         email> traleracceeilcielo@gmail.com

venerdì 6 maggio 2016

Diamir




Diamir
La montagna delle fate


Autore: Paola Favero
Disegni: Luisa Rota Sperti
Editore: DBS
ISBN 9788899369286
Euro 22,00
Formato: 23 x 22 cm
Pagine: 192






Diamir, o montagna delle fate, è il nome locale di quello che comunemente viene chiamato Nanga Parbat, la montagna nuda. Diamir lo ha voluto intitolare l'autrice Paola Favero e montagna delle fate lo è veramente, grazie anche agli splendidi disegni di Luisa Rota Sperti…


Definire quest'opera semplicemente come un libro sarebbe enormemente riduttivo, forse proprio perché ci sono di mezzo delle fate, le Pir come dice Kurt Diemberger, esso ha in sè la magia, il fascino del bello e dell'appassionante, allora azzardiamo a dire ecco uno scrigno, pieno di meraviglie, di storie, di persone e di raggi di luce!


L'occasione che fa scaturire la scintilla di Diamir nel cuore dell'autrice è un trekking tra i più straordinari del mondo, l'anello attorno al Nanga Parbat, che vede scorrere vallate tra le più note al mondo: Diamir, Rupal, Rakhiot, con il culmine ai 5399 metri del Mazeno Pass, due settimane di immani fatiche, ma altrettanto straordinarie meraviglie.


Come un colorato e profumato fiore, il libro offre tanti petali: la descrizione del trekking, visto con gli occhi incantati dell'autrice, il racconto di personaggi straordinari e di leggende millenarie, le foto che ci fanno entrare in quest'atmosfera che va oltre l'umano sentire, i disegni di Luisa Rota Sperti che con fate ed esseri speciali sembra avere un rapporto unico e privilegiato, una sezione di storia alpinistica curata dal giornalista Carlo Caccia e la prefazione di Kurt Diemberger, che da sola varrebbe già il suo acquisto.


Passo dopo passo, ansimando e stringendo i denti, il Diamir si svela a Paola, che si imprime tutto negli occhi e nel cuore e, fortuna per noi, anche nel suo obbiettivo fotografico, così la sua meraviglia può essere anche la nostra meraviglia e i disegni fanno il resto…


Anche la parte storica è originale: Caccia non fa solo il consueto excursus cronologico, ma procede con interviste ai principali protagonisti della conoscenza di questa maestosa montagna, lo fa iniziando con Eugenie Buhl moglie di Hermann primo salitore, con Reinhold Messner che qui ha lasciato una parte di se stesso con la morte del fratello Gunther, con Nives Meroi prima donna italiana ad arrivare in vetta e personaggio straordinario, con Silke Unterkircher moglie di Karl, rimasto anche lui sul Diamir, con Simone Moro primo salitore in invernale.


Il termine del trekking non ha visto, però, il termine dell'avventura per l'autrice: nel cammino vi è stato l'incontro con Abdul Mateen, grande maestro elementare locale e ufficiale di collegamento di Karl Unterkircher e sul suo ricordo, al ritorno in Italia vi fu la conoscenza con la moglie Silke, l'immediata amicizia e il sogno di una scuola al Diamir, in ricordo di Karl; le fate sono intervenute ancora una volta sotto forma di serate in Italia, di conversazioni e conferenze, con generosa raccolta di fondi e adesso a Paghora bambini e soprattutto bambine, possono studiare in una scuola nuova e confortevole!


Filippo Zolezzi