venerdì 11 marzo 2016

Simone Cristicchi alla Campana dei Caduti per la chiusura di Tra le Rocce e il Cielo

La guerra e i suoi caduti. Sarà questo il tema della prima assoluta dello spettacolo “Ci resta un nome” che vedrà in scena Simone Cristicchi, come cantante e attore, nel suggestivo anfiteatro della Campana dei Caduti.




Lo spettacolo, che andrà in scena domenica 21 agosto alle 21.30, sul colle di Miravalle di Rovereto, sarà l'evento di chiusura del festival “Tra le Rocce e il Cielo”, il festival della montagna vissuta con consapevolezza che si svolge in Vallarsa dal 18 al 21 agosto 2016.

Simone Cristicchi metterà in scena una rappresentazione da lui appositamente ideata per l'occasione, dal titolo “Ci resta un nome”. Tratterà il tema delle guerre e dei caduti in conflitto nell’emozionante contesto della Campana dei Caduti, che dopo il tremendo evento bellico della Grande Guerra è stata proprio dedicata ai caduti di tutte le guerre.
Cristicchi sarà in scena assieme al Coro Pasubio di Vallarsa, con il quale condividerà l'esecuzione di alcuni brani della tradizione alpina. Alcune parti dello spettacolo, oltre a quelle musicali, saranno recitate dall’artista, che in questi ultimi anni ha evidenziato doti da attore e narratore davvero straordinarie.

Il suo ultimo spettacolo, Magazzino 18, che tratta lo spinoso e ancora controverso tema degli esuli istriani, ha ottenuto uno straordinario  successo in tutti i più importanti teatri italiani, registrando il sold-out in tutte le numerosissime repliche messe in scena negli ultimi tre anni. Alcune settimane fa, come riconoscimento al valore divulgativo oltre che alla grande sensibilità artistica con cui ha affrontato un tema così difficile, l'Amministrazione del Comune di Trieste, nel corso di una solenne cerimonia, gli ha conferito  la cittadinanza onoraria.

L'evento di Rovereto è organizzato con la collaborazione della Fondazione Opera Campana dei Caduti. A breve verranno comunicate le informazioni per la prenotazione.

lunedì 7 marzo 2016

Il gigante sconosciuto










Il gigante sconosciuto
Storie e segreti del Kangchenjunga, il terzo Ottomila



Autore: Stefano Ardito
Collana: Exploits
Editore: Corbaccio
ISBN 978-88-6700-080-7
Euro 19,90
Formato: 14 x 21 cm
Pagine: 304








Nelle competizioni tutti ricordano il primo, qualcuno tiene a mente il secondo, ma il terzo cade nell'oblio, non fa eccezione l'elenco degli 8.000: il primo è l'Everest e lo conoscono anche gli analfabeti, il K2, secondo per altitudine, è molto noto, sia perché è ricordato come la montagna degli Italiani che lo hanno conquistato ed esplorato fin dal tempo del Duca degli Abruzzi e poi il terzo… il Kangchenjunga, o Kangchenzonga, che se lo filano ben pochi… eppure con i suoi 8,596 metri è poco sotto il K2 e meno di 300 dal tetto del mondo…

Se si domanda chi sono i primi scalatori di Everest, tutti lo sanno e per amor di patria, si sanno anche quelli del K2, ma se si chiede di questa terza montagna? Pensiamo che la maggior parte degli intervistati tacerà e non saprà nominare i due inglesi George Band e Joe Brown, che nel 1955, solo due anni dopo l'Everest, per primi calcheranno la vetta del Kang, anzi si fermeranno a un metro da essa, come tutti gli altri salitori per rispetto alla montagna che per i buddisti del Sikkim, la regione in cui la montagna si erge, è sacra.

Forse essa è poco nominata perché ha una grafia difficile e sulla quale non c'è concordia e pure per la difficile pronuncia, provate a dire Everest o K2 poi Kangcenzongà, e l'accento dove lo mettiamo sulla a finale o prima? Non la si nomina e si aggira l'ostacolo.

Questa spettacolare e imponente montagna ha trovato finalmente un cantore in Stefano Ardito, che è uno dei più polivalente e fecondo di noi giornalisti di montagna: egli spazzia dalle molte guide escursionistiche degli Appennini e delle Alpi, alla saggistica e alla storia della montagna.

L'autore, da vero topo di biblioteca, ha ricercato, in modo puntuale e preciso, tutta la storia di questo massiccio, partendo dalle leggende locali, abbondante e interessanti , si è poi dedicato alla storia della sua esplorazione, scoprendo che uno dei pionieri arrivati ai suoi piedi è stato niente meno che l'arcinoto scrittore americano Mark Twain, descrive circa due secoli di ricerche e di tentativi, che, dopo la conquista citata, hanno visto protagonisti anche molti alpinisti italiani.

Un capitolo straordinario e stupendo è sicuramente quello dedicato a Nives Meroi e a suo marito Romano Benet: sul Kang Nives ha abbandonato la corsa ad essere la prima donna a salire tutti gli 8.000, ma ha inciso nella oncia cosa voglia dire la parola amore, perché sul Kang la Nives ha volontariamente fermato la sua gara alle vette, per conquistare quello che lei chiama il suo 15mo 8.000: la vittoria della vita per Romano e la sconfitta del terribile male che lo stava minando.

Tre salite, la prima abbandonata per soccorrere Romano attaccato dalla malattia, la seconda salita ma su una vetta più bassa e infine la terza vittoriosa!

Tra i protagonisti di questa montagna, oltre ai due inglesi primi salitori, troviamo gli italiani Messner, Martini e de Stefani, tra coloro che non sono tornati si ricordano la grande alpinista polacca Wanda Rutkiewicz e il francese Benoît Chamoux.

Questa è un'opera che non può mancare nello scaffale del vero appassionato di storia delle scalate alpine e della montagna in generale e non dimentichiamo che secondo gli studi di Aruga, Mantovani e Ratto, che hanno ipotizzato l'allargamento del numero degli 8.000 da 14 a 22, ben 3 vette degli 8 in aggiunta sono nella cresta sommitale del Kanchenjunga, che montagna imponente ed immensa…



Filippo Zolezzi