domenica 25 luglio 2010

Un pezzo raro alla serata di apertura del festival: "KAISERJAEGER", con l'accompagnamento di musiche dal vivo



L'inaugurazione del festival, nella prima serata di giovedì 19 agosto, offre al pubblico una vera rarità: verrà infatti proiettato - con accompagnamento di musica dal vivo di una vera orchestra - un documentario di un'ora e mezzo, realizzato dall'Esercito Austro-Ungarico sul fronte del Pasubio durante gli ultimi due anni della Grande Guerra.

Il film "Kaiserjäger" è stato trovato da Gigi Zoppello nell'archivio del Museo Storico di Trento: la copia originale si trova al Medienzentrum del Tiroler Landesmuseen di Innsbruck. Da qui è nata l'idea di proiettarlo con un accompagnamento musicale originale.

Della colonna sonora si occupa la pianista e compositrice roveretana Francesca Aste, che da anni lavora sull'accompagnamento di film muti con il suo ensemble "Musica nel Buio". Aste ha composto così un accompagnamento che faccia riferimento sia alle marce militari dell'epoca, sia alla musica popolare del tempo. Con lei suoneranno Barbara Broz, Klaus Broz, Marco Dalpane.

Il film è una vera rarità: la troupe cinematografica seguì infatti il secondo Reggimento Kaiserjäger dalla partenza dalla caserma di Koplonisch, vicino a Cracovia, fino al primo dislocamento sul Monte Maggio, nel 1916. L'anno seguente il Reggimento fu chiamato a dare il cambio al Primo Reggimento sul fronte del Pasubio, dove tenne le posizioni fino alla fine del conflitto. Le immagini raccontano drammatici combattimenti, scene di vita quotidiana, ed il terribile inverno del 1917 con metri di neve sulle trincee.

Dopo la proiezione musicata, il film verrà proiettato nuovamente con il commento originale di un vecchio reduce del Reggimento, che spiega le immagini ed i luoghi "in prima persona".

Giovedì 19 agosto, ore 20,30, Riva di Vallarsa (alla pista di pattinaggio), ingresso libero.


mercoledì 21 luglio 2010

Claudio Barbier e i Rolling Stones

Qui di seguito riportiamo un contributo di Frank Boeye, partner di scalata di Claudio Barbier dal 1972 al 1977 e suo grandissimo amico (di lui ha detto "è stato un onore e un privilegio avere “Il Divino” come amico"):


Claudio è sempre stato un grande fan della musica rock. I suoi idoli erano Johnny Halliday, i Rolling Stones, Rory Gallagher e molti altri.

Un giorno stavo scalando una parete con mia moglie Lia a Marche-les-Dames, in Belgio. Ero ormai vicino alla cima, quando ho sentito il rumore inconfondibile della “Citroen Ami” di Claudio irrompere all’improvviso nel silenzio. Claudio saltò il cancello della proprietà e gridò forte: “Boeye, Boeye, scendi subito, devi dare un’occhiata a questo!” Tirò la mia corda, rischiando di farmi perdere gli appigli: non avevo scelta, dovevo per forza scendere. Mano a mano che scendevo, Claudio diventava sempre più emozionato.

Una volta a terra gli chiesi: “Cosa vuoi?”

E lui, trionfante, mi fece vedere un enorme poster del tour europero dei Rolling Stones, con il Matterhorn dietro le spalle di Mick Jagger e la sua famosa smorfia…

“Guarda! I Rolling Stones davanti al Cervino! Ti rendi conto? Dobbiamo assolutamente andarci!”

Frank Boeye




martedì 20 luglio 2010

Claudio Barbier, "l'Asso Belga". Un contributo di Anna Lauwaert:

Nel 1964 ero allieva interne in un liceo a Bruxelles nel quale ci venivano insegnati non solo il latino e la matematica ma anche la cultura. Di fatti le medie tra elementari ed università si chiamavano “Les Humanités” cioè gli umanesimi... Le nostre docenti e sorveglianti ci portavano a visitare musei e assistere ad avvenimenti culturali. Quella sera il Palais des Beaux Arts, cioè il palazzo delle belle arti, che è un enorme sala ad anfiteatro, era riservato alle scuole medie perché gli adolescenti potessero assistere al concerto di Arthur Rubinstein che allora era il massimo interprete di Chopin. Noi a quell’época eravamo rock and roll, twist e Johnny Halliday, ma non solo! In pensionato non c’era TV e non si poteva ascoltare la radio che per una delle Passioni di Bach attorno a Pasqua e qualche concerto del Concours Reine Elisabeth. Quindi quella sera il Beaux Arts era stracolmo di adolescenti … centinaia, col bacano facilmente immaginabile. Sul palco vuoto c’è solo l’immenso piano forte a coda e la sua panchina. Le luci si abbassano ed entra sul palco un grande signore magro e vecchio; egli saluta e va a sedersi davanti al piano e aspetta che si faccia finalmente silenzio e poi esplode Chopin nel suo più affascinante brio. Nella sala il silenzio è totale. Il pezzo finisce e si scatenano gli applausi, il pianista saluta e poi riprende. Rubinstein suona tutto il programma annunciato mentre l’entusiasmo del pubblico va crescendo. Arriva la fine del concerto, Rubinstein si alza, saluta e lascia il palco, il pubblico continua ad applaudire e secondo protocollo, Rubinstein ritorna fa di nuovo il suo saluto e se ne va. Il pubblico non demorde e continua ad applaudire e qualche temerario inizia a gridare “bis! bis!” fin che Rubinstein che si fa pregare ritorna e si siede per suonare un bis, poi di nuovo esce, applausi sempre più furiosi, grida più generalizzate fin che Rubinstein ritorna e suona ancora un pezzo… L’ambiente diventa surriscaldato: durante la musica è silenzio religioso e poi un frastuono di applausi ed urli come ad un concerto rock… Il bello è che il vecchio Rubinstein ci sta… ed ogni volta con tanto di serio e cerimoniale egli suona ancora un pezzo e sicuramente si sente trasportato nel settimo cielo da questa marea di ragazzi entusiasti. L’ora diventa tarda ed i macchinisti del teatro hanno già diverse volte fatto capire che basta, spegnendo la luce ma le urla indignate fanno riaccendere e si continua… In somma verso la mezzanotte al suo ritorno sul palco Rubinstein viene a camparsi di fronte al pubblico, disarmato e stravolto dalla stanchezza ma sicuramente felicissimo, egli apre le braccia e ci dice senza microfono ma l’abbiamo sentito tutti:

“ Ma cosa volete ancora?”

Ecco, mi sento come Rubinstein: durante 30 anni, io di Claudio vi ho raccontato tutto quello che sapevo oltre alla Via del Drago e voi continuate a chiedermi un bis dopo l’altro… Non posso inventare … cosa volete ancora… Ma forse bisogna aprire un nuovo capitolo, quello della leggenda e allora potremo inventare avventure all’infinito. Tanto, Claudio è già un mito …

Questa volta me la cavo con una piroletta. Claudio leggeva moltissimo ed i brani che gli piacevano particolarmente li copiava su cartoncini, fogli, quadernetti, pezzetti di carta. Spesso quelle citazioni le conosceva a memoria come il famoso passaggio di Comici: “ Che gioia! Gioia di vivere; soddisfazione; intimo orgoglio di sentirmi cosi forte da dominare da solo il vuoto e lo strapiombo… Che voluttà!” e le piazzava nella conversazione il ché sorprendeva l’interlocutore il ché riempiva Claudio di immensa goduria…

Ho ritrovato diversi di questi scritti; ho provato di decifrare la sua enigmatica scrittura e sottopongo questi testi alla vostra meditazione.

Cosi siete voi a dover estrapolare il carattere di Claudio dai testi che a lui piacevano.

Si deve però tenere presente che Claudio aveva sempre in mente o la roccia o la montagna quindi bisogna leggere come se sul pentagramma, al posto della chiave di violino, ci stesse la chiave di montagna.

Traduco senza cercare eleganza letteraria bensì fedeltà al testo originale.

NB. Ho fatto del mio meglio per decifrare gli scarabocchi di Claudio… però se qualcuno conosce queste citazioni e ci trova un errore… non esiti a dirlo…

“Tanto vale l’aver visto che l’aver toccato” La Fontaine

“ A tali pericoli non ci si deve abbandonare” La Fontaine

“ Il vento che soffia attraverso la montagna mi ha reso pazzo” Victor Hugo

“Che poca roba la vita umana! E quanto arrischierei la mia agilmente, se solamente si offrisse qualche bella prodezza un po’ bellamente temeraria da osare!” André Gide

“Siamo valorosi per acquistare la reputazione di non essere vigliacchi” Lautréamont

“Come le lampade hanno bisogno di petrolio, gli uomini hanno bisogno di essere nutriti da una certa quantità d’ammirazione. Quando non sono ammirati abbastanza, muoiono.” Montherlant

“Vanità, vanità, conosco il tuo impero” da un poeta che pure lui si chiama Barbier.

“Non salire forse molto in alto, ma tutto da solo!” Rostand

“ È forse insensato. È forse orgoglio. È forse una stupida vergogna, ma mi duole di essere legato indefinitamente “ Michaux

“Il suo sguardo si vela dalla malinconia propria agli individui che un grande destino ha in agguato” Queneau

“La virtù sola può di più di quanto fa ogni artifizio” Plutarco

“Una vita di avventure terribili ci fa dubitare che colui che né è l’eroe non sia terribile egli stesso.” Nietzsche

“Tutti quelli che sono lì mi approverebbero se la paura non chiudesse loro la bocca” (?)

“Il denaro è sporco e sporca tutto sul suo passaggio.” (?)

“Il miserabile profitto causò qualche volta grandi malori” ?

“Il denaro vergognosamente guadagnato ha perso più uomini che ne ha salvati”(?)

“Quando un generale romano entrava in Roma, conducendo il suo trionfo, uno schiavo prendeva posto dietro di lui sul suo carro e ripeteva instancabilmente “ricordati che non sei che un mortale” (?)

“L’alpe non invecchia né muta, essa è la palestra più rara perché lontana dal fumo, dalla vanità e dal chiasso cittadino è la più bella perché nessuno di noi si è mai arricchito se non di ricordi e di amicizia.” G. Rey

“Vivere fra montagne selvagge è una via alla liberazione” Milarepa

“Morirò di afta epizootica, di peste bubbonica o di febbre puerperale, ma certo non per caduta in roccia in seguito ad errore personale.” Piaz

“La difficoltà non è di diventare qualcuno ma di rimanerlo” Roger Martin du Guard

“Salire, scendere, andare, venire, tanto fa l’uomo che alla fine scompare.” Queneau

“ Tutte feriscono, l’ultima uccide” meridiana

Quando gli dei vogliono punirci, esaudiscono le nostre preghiere… voi avete chiesto un pezzo su Claudio… ebbene adesso arrangiatevi con tutta questa filosofia da meditare…

Anna Lauwaert


CLAUDIO BARBIER sarà ricordato a TRA LE ROCCE E IL CIELO con un grande evento che si svolgerà al Teatro Comunale di S. Anna nel pomeriggio di sabato 21 agosto. Vi parteciperanno, oltre ad ANNA LAUWAERT, anche ARMANDO ASTE, FRANK BOEYE, SPIRO DALLA PORTA XYDIAS, FAUSTO DE STEFANI, ALBERTO DORIGATTI, LOREDANA GIONGO, LUISA JOVANE, HEINZ MARIACHER, ALBERTO MONTANARI, BEPI PELLEGRINON, FRANCO PERLOTTO, JOHN PORTER, HEINZ STEINKOETTER. Coordinerà MIRELLA TENDERINI.



domenica 18 luglio 2010

ALPINIA E TRA LE ROCCE E IL CIELO: è stato amore a prima vista... Una collaborazione che sta già portando ottimi frutti

Riceviamo e subito pubblichiamo il contributo di Filippo Zolezzi, instancabile recensore del sito Alpinia, nonché insostituibile collaboratore dell'organizzazione di questo festival TRA LE ROCCE E IL CIELO.

Cogliamo al volo l'occasione per ringraziare di cuore Alpinia: la fiducia e l'amicizia che si sono subito fermamente stabilite fra noi hanno permesso fin d'ora una fruttuosa collaborazione, e promettono certamente fecondi sviluppi futuri.




Quando lo scorso anno ho conosciuto al Trentofilfestival Fiorenza Aste e Mario Martinelli mai avrei immaginato che Vallarsa sarebbe entrata nel centro degli interessi di Alpinia e pertanto anche dei miei.

La lettura dei libri di Mario, però mi ha subito appassionato e ho desiderato di approfondire la sua conoscenza, cosa che è regolarmente avvenuta nella prima edizione del festival Tra le rocce e il cielo, complice anche lo spirito di Carlo Pastorino, mio conterraneo e protagonista di vicende belliche della prima guerra mondiale sul Pasubio.

La conoscenza, se accompagnata dalla stima, spesso sfocia in amicizia e con i due jobreri è stata cosa naturale, si vede che l’orsosità montanina delle Piccole Dolomiti ben si accoppia con quella ligure...

In Alpinia ci siamo resi conto che il team e lo spirito montanino di questo Festival si sposava a perfezione con le nostre idee e così abbiamo deciso di camminare fianco a fianco, di legarci in cordata insomma, e di fare qualcosa insieme di interessante.

Il primo frutto di questo cammino comune è la nascita del Premio Alpinia nell’ambito del Festival Tra le rocce e e il cielo; la rubrica di presentazione di libri dedicati alla montagna marcia benissimo da circa otto anni, con oltre 1300 libri recensiti e quasi 300 editori che hanno collaborato con noi, ogni mese un imperdibile, il libro che a nostro parere non deve mancare dallo scaffale dell’appassionato e alla fine dell’anno l’imperdibile dell’anno, il nostro libro d’oro, il capolavoro dell’anno.

Questo è stato fino a quest’anno un riconoscimento molto ambito, ma solo virtuale, da adesso in poi sarà il Premio Alpinia, che non solo vedrà premiato il miglior libro dell’anno, ma riconoscerà anche particolari meriti montanini, in particolare della letteratura, ma non solo e i vincitori riceveranno uno splendido oggetto esclusivo di oreficeria, forgiato dalle mani del mitico Mastro 7.

Troppo spesso, purtroppo, si sentono lamentele nell’assegnazione dei premi, che talvolta sembrano più soddisfare esigenze commerciali e di sponsorizzazione piuttosto che interpretare veri valori... vi assicuro che nel Premio Alpinia non sarà mai così, Mario Martinelli e lo Spirito del Bosco di Vallarsa ne sono garanti e custodi.

Naturalmente la collaborazione è a tutto campo: Alpinia mette tutte le sue competenze a disposizione affinchè Tra le rocce e il cielo riesca nel migliore dei modi e possa offrire argomenti e interventi interessanti e qualificati, ma soprattutto è lo spirito di profonda amicizia che si è instaurata tra di noi ad assicurare che siamo solo all’inizio e che sempre nuovi traguardi ci aspettano insieme!

Filippo Zolezzi


Il PREMIO ALPINIA per autori e case editrici sarà consegnato ai vincitori alle 18.00 di venerdì 20 agosto al "Baitel dei Orsi", presso la pista ghiaccio di Riva di Vallarsa

giovedì 15 luglio 2010

ESSENZA DELL'ALPINISMO. Di Spiro Dalla Porta Xydias

Foto di Andrea Bauce. Tutti i diritti riservati.

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, questo intenso ed elevato contributo di Spiro Dalla Porta Xydias.
Alpinista, scrittore, giornalista e regista teatrale, è uno dei più noti e prolifici scrittori di montagna italiani.
Il suo approccio alla montagna è puro, estetico, e, ancor più, etico; e Dalla Porta Xydias non perde occasione per difendere l'alpinismo da quella fretta di record e tecnicismo che ne inquina in profondità le motivazioni fondamentali.
SPIRO DALLA PORTA XYDIAS interverrà a TRA LE ROCCE E IL CIELO nel pomeriggio di giovedì 19 agosto, e la sera di sabato 21 agosto.



ATTENTATO ALL'ALPINISMO. Di Spiro Dalla Porta Xydias.

Ho deciso di esporre la visione che ho dell'alpinismo, non solo perché non ho più molto spazio davanti a me, ma perché con la meditazione e la riviviscenza delle mie salite ho cercato di approfondire l'argomento.

“ La visione che ho “ - ripeto – e non “la mia visione”. Perché la verità è una, e non appartiene a nessuno in particolare. Così vorrei esternare quanto di questa ho potuto intuire.

Diverse sono state le interpretazioni che nel corso degli anni sono state date al fenomeno. Tutte valide ed interessanti, ma solo fino ad un certo punto. Perché frutto di singoli ragionamenti e sensazioni, che proprio perché tali, appaiono parziali e soggettivi.

Ho tentato nella mia ricerca di superare le semplici impressioni; e per scoprire una spiegazione valida obiettivamente, di partire dall'essenza stessa dell'essere umano, soggetto dell'ascensione, e del monte, su cui questa viene effettuata.

La terra è meravigliosa. La bellezza vi risulta espressa sotto ogni peculiarità: dolce, soave, imponente, grandiosa, selvaggia. E questa estetica totale si esprime con caratteristiche percettibili da altri sensi: profumo dei fiori, canto armonioso di uccelli, dolcezza tattile della pelle e dei petali: l'aquila che plana immobile nel cielo, la corsa d'una gazzella, il volo della farfalla, l'euritmia dell'elefante, lo slancio dell'albero verso l'alto, il sorriso d'una fanciulla.

Bellezza ovunque, anche nel dramma, in cui diventa terrificante potenza. Infuriare della tempesta, valanga devastatrice, onda immane ed irresistibile.

Bellezza che proprio perché tale non può e non deve essere stimata soltanto casuale. Ma espressione di un' Essenza superiore. Dell'universo, dell'assoluto.

Della Divinità, di cui è specchio e proiezione.

Simbolo, a portata dell'uomo, chiamato a vivere nel suo cuore.

***

L'uomo.

Lo spirito dell'uomo.

Fin dalla più remota antichità, è stato riconosciuto che l'uomo è composto da spirito e corpo.

Si è avuta pure, più di rado, la percezione che lo spirito, a sua volta, risulta suddiviso tra animo e anima: il primo indirizzato alle contingenze di questa terra, la seconda rivolta all'intuizione metafisica della Divinità.

Nella semplice differenziazione dualistica, risulta logico che il secondo fattore, si indirizza alle necessità materiali dettate dall'esistenza sul pianeta, mentre il secondo è rivolto all'approfondimento dell'etica, cioè all'elevazione.

Perché “elevazione” ?

Perché questa risulta connaturata alle nostre esigenze ideali ?

La nostra terra evidentemente è limitata. Basta rivolgere uno sguardo alla trapunta di stelle nel cielo notturno per sincerarsene. Ma – come detto prima – il nostro piccolo monto costituisce il simbolo dell'universo, rappresentato appunto dal cielo. Che figuratamente sta sopra di noi. Per cui la tendenza all'alto esprime appunto la propensione ad esso, simbolo a sua volta della Divinità.

Questo richiamo all'alto non è solo dovuto ad intuizione metafisica. E' direttamente innato nell'essere umano. Che sin da bambino sente ed afferma il concetto del sopra e del sotto.

Si tratta quindi di un'espressione simbolica per cui abbiamo situato sopra la nostra testa il bene, in corrispondenza con la volta celeste; e stendiamo questo concetto simbolico situando così nell'empireo il Paradiso e la Divinità.

Ripeto, simbolicamente. La dimensione dell' Al di là è infatti ovunque, proprio perché infinita.

Anche in noi.

Questo simbolo del cielo non è soltanto fatto abitudinario o storico. Lo affermano le religioni. Lo hanno attesto i più grandi artisti e pensatori; da noi, in occidente sarà sufficiente ricordare Dante, Michelangelo, Moydin-Ibn-Arabi. Ed è talmente radicato in noi che, anche nella vita spicciola, accennando a Dio o al Paradiso, viene istintivo di guardare il cielo.

A questo simbolo quindi corrisponde l'innato bisogno spirituale della tendenza all'elevazione.

***

Dunque l'essenza dell'uomo risulta composta da una parte spirituale, rivolta alla sua elevazione, ed una materiale destinata a sopperire alle necessità fisiche dovute alle condizioni particolari della terra e dei suoi abitanti.

Con lo scorrere degli anni e dei secoli, quelle che dovevano essere soltanto esigenze di sostentamento, sono diventate invece mete insostituibili. Fino ad oggi, in cui compongono la meta principale – per non dire unica – dell'uomo. Da necessità materiale a ragion di vita, rappresentata dalla ricerca esistenziale di benessere, lucro, potere – che tra l'altro assicura l'acquisizione degli altri due requisiti.-

E lo spirito ?

Relegato in sottordine, con le sue esigenze sempre più trascurate, considerato quasi alla stregua di “hobby”. Limitato, si può dire al campo dell'arte e del pensiero, attività sempre meno valutate. Persino la religione, traccia diretta all'elevazione, appare confinata in una specie di sottofondo, finché non interferisce con le esigenze di guadagno, benessere, potenza.

Sotto un altro aspetto, però, il perdurare vive, indispensabili delle forme d'arte anche nei momenti più accentuati di materialismo, dimostra come la spiritualità non sia vaga utopia, ma fondamento costituzionale dell'essere umano.

E quasi a compenso di questo oscuramento dell'etica nella vita sociale, ecco proprio nel momento definitivo dell'affermazione pragmatica, ecco sorgere un fattore che sottolinea l'importanza dell'esistenza spirituale: la natura, e con essa la montagna.

Non è scoperta di elemento nuovo, ma ripristino. Accentuato in una precisa teoria, come non lo era stato prima.

Tutte le antiche tradizioni riferiscono infatti di sommi saggi, persino di “avatara” che avevano cercato la vetta dei monti per la concentrazione e la meditazione sulla Divinità. Così Krishna sul Monte Meru, Buddha sulle cime elevate del Nepal, Arjuna sull' Himalaya, Zoroastro sull' Abordzdgi; i saggi egizi si erano isolati sulla cima del Set Amenden, Milarepa aveva trascorso molti anni sulle vette dei monti, Mosé era salito sul Sinai per ricevere le tavole della legge. Sulla montagna avviene la trasfigurazione di Gesù e sulla cima del Kun Lun il Tao situa la sede del Paradiso Terrestre.

In epoca storica gli antichi Greci avevano posto sull'Olimpo la dimora degli dei, e sul Walhalla gli antichi Germani. Infine il simbolo del monte è stato poi ripreso da Moydin-Ibn-Arabi e da Dante Alighieri che, ambedue, a distanza di qualche lustro, nella struttura di una montagna avevano raffigurato il Purgatorio, culminante nel Paradiso Terrestre.

Così alla vigilia della rivoluzione francese, affermazione totale della materialità, gli enciclopedisti riscoprono l'ecologia ed affermano la necessità del ritorno alla natura – emblematico Jean Jacques Rousseau con la sua valorizzazione del “bon sauvage “ - Questa rivalutazione dell'ambiente e della sua bellezza per le mutate – o meglio aggravate – condizioni sociali, non era più sufficiente in se stessa. Per i grandi saggi dei miti la vetta dei monti risultava simbolicamente legata al loro momento storico. Ma nel clima di materia del mondo moderno, la vetta, come era stata allora, non può più essere meta normale. Chi la cerca ora deve sottomettersi ad una purificazione, identificata nell'ascensione. Nella scalata.

Già in Dante, nella seconda cantica, vengono spesso espressi gli sforzi per il superamento tecnico richiesto dall' arrampicata sulle rocce che separano girone da girone sul Monte Purgatorio. Ed è questo concetto che avevano affermato, mezzo millennio prima, i monaci dello Yamabushi colla prassi dello Shugen-do, cioè della scalata in funzione di catarsi.

Ed ecco quindi nel 1785, quattro anni prima dello scoccare della rivoluzione, l'affermazione della montagna e dell'alpinismo con la salita del Monte Bianco, tetto d'Europa, continente appunto dove si era evoluta ed affermata la tendenza all' antispiritualità.

***

Montagna. Alpinismo.

Come ? Perché ?

La terra esprime per l'uomo la tendenza di tutto l'universo, cioè la ricerca dell'elevazione. Cioè l'aspirazione alla Divinità.

Naturalmente anche il nostro pianeta per analogia la manifesta. E lo fa con le montagne, cioè con l'elemento che si eleva dalla piana puntando al cielo.

Questo spiega perché, nell'epoca d'oro, gli eletti avevano ricercato le vette per la loro questua al Divino.

I monti dunque - “preghiera della terra” - rappresentano l'elemento più logico e naturale per agevolare il desiderio dell'uomo all'alto.

Alpinismo.

L'arte, il pensiero – rifugio spirituale per i contemporanei – sono però espressione di un solo elemento dell'essere umano, cioè lo spirito. In contrasto con la sua consistenza formata da anima e corpo.

Ora l'ascensione comporta invece la partecipazione della nostra totalità. Inoltre l'ascesa di una cima implica differenti fattori collaterali che la caratterizzano, differenziandola da ogni altra attività fisica; situandola così in un'altra dimensione, conforme ed armonica con la ricerca metafisica dell'elevazione.

Possiamo fissare i principali momenti di questa prassi: “ritorno alla natura”, “necessità di concentrazione”, “gratuità dell'azione”, “conseguente catarsi”.

Ritorno alla natura.

Inteso non solo come necessaria difesa contro lo sfruttamento e il degrado che minacciano l'esistenza stessa del pianeta, ma come atto d'amore: passione per la sua bellezza spontanea .

E in questo senso, quale ambiente più dell'alta montagna e delle guglie, può meglio rappresentare l'integrità naturale ? -” Alta “ montagna, però, ove la mano dell'uomo non è ancora venuta a deturpare l'armonia genuina con costruzioni faraoniche, tracciati destinati a strade asfaltate o piste da sci. -

Quale ambiente più della montagna può rispondere alla nostra esigenza di suggestione e di purezza ? Quale ambiente può meglio rappresentare l'integrità del nostro mondo ? - E più sali, più il sito si fa selvaggio, incontaminato.-

Quale maggiormente esprime il ritorno all'autentica condizione primordiale destinata ad ospitare l'umanità insieme agli altri esseri viventi ?

“Selvaggia”, l'ha definita Mountain Wilderness per contrasto alle esigenze asfissianti della cosiddetta civiltà. “Armoniosa” vorrei definirla, perché riecheggia l'equilibrio universale.

E del tutto falso appare il concetto per cui la scalata – forma più spinta, ma anche più elevata dell'alpinismo – impedirebbe la percezione dell'ambiente data l'intensa partecipazione fisico mentale richiesta dall' azione. Perché l'impegno assoluto, non ammettendo deroghe, porta invece a compenetrarsi con la guglia, e quindi con la natura.

Concentrazione.

Gli ostacoli, le difficoltà, relative nell'escursionismo, tanto più accentuate nella scalata, vogliono la concentrazione del soggetto; minore nel primo caso, assoluta nel secondo in cui fatica e pericoli non ammettono la minima distrazione. Questa condizione libera l'uomo-alpinista dalle false strutture della mondanità che ne alterano la genuina realtà. Quindi risulta caratteristica peculiare, per non dire unica, dall'ascensione.

Gratuità.

In genere tutte le azioni umane proseguono oggi un secondo fine; appaiono cioè dettate e determinate dalla ricerca di benessere, lucro, potere. Persino nelle competizioni sportive, anche dilettantistiche, lo sforzo è finalizzato alla conquista del primato (e del premio.)

Nulla di questo nell'alpinismo, in cui l'essere umano affronta e supera rischi e disagi al solo scopo di raggiungere una cima. Dalla quale dovrà poi in ogni caso ridiscendere, e che certo non gli procurerà gloria e guadagno. Semmai, nei casi più eclatanti, un briciolo momentaneo di fama, circoscritto all'ambiente specializzato, e certo minore di quello d'un atleta sportivo.

Catarsi.

L'uomo per salire soffre. Rischia, specie nella scalata, in cui spesso sfiora la possibilità di caduta. E tutto questo non certo a scopo di guadagno, ma unicamente in vista di toccare una cima. Cioè un ideale.

Allora questo affrontare volontariamente pericoli e fatica per soli motivi etici, significa liberarsi dalle scorie di un materialismo egoistico, e affermare le esigenze dello spirito. Purificarsi.

Amore.

Spinta irresistibile che porta ad affrontare situazioni e prassi difficili e perigliose, fuori d'ogni logica e ragionamento. Per un sogno di perfezione.

Questi cinque fattori riuniti dimostrano in modo chiaro che la salita d'un monte o d'una guglia esprime la concretizzazione della tendenza all'elevazione insita nell'essere umano.

Ma esiste ancora un elemento che convalida ulteriormente questa teoria, cioè il sentimento della vetta.

Sentimento della vetta.

Inusitata sensazione che l'alpinista prova una volta raggiunto l'acme della montagna.

Appagamento, distensione, felicità... Tutti termini che illustrano solo parzialmente questo particolarissimo moto dell'anima. Che non può neppure trovare logica spiegazione . Perché, come giustificare razionalmente la gioia, spesso molto intensa, prodotta dal raggiungimento di un sito, che non ti procura vantaggi, che in particolari condizioni climatiche ti può addirittura provocare malessere e pericolo? E da cui, in ogni caso – come dice Mauro Corona – dovrai poi ridiscendere.

Pure la particolarità di questa sensazione è tale per cui in genere viene accettata senza essere analizzata. Pochissimi scrittori hanno tentato di farlo, ricorderò Rey e Mazzotti e Gervasutti.

In realtà non può venire sviscerata col metro usato solitamente. Infatti appartiene ad un'altra dimensione che prescinde dalla semplice località raggiunta.

Perché il nostro atto, oltre che fisico, è stato anche e specialmente ideale. Ed ha rappresentato simbolicamente la nostra questua di elevazione.

***

Mi rendo conto che questa teoria – chiamiamola così – susciterà numerose obiezioni.

Ne esaminerò qui la più evidente.

Come mai così pochi alpinisti o studiosi della materia hanno accostato ascensione e scalata con l' innata tendenza umana all'alto ?

La risposta ovvia sta nell'abitudine, ormai radicata, di inquadrare ogni atto nella dominante materialità. Per cui qualsiasi prassi va giudicata e commentata soltanto nel ragionamento e nella sostanza. Ed inoltre, se sembra sforare dal dominio della logica e dei sensi, finisce addirittura isolata in una specie di recinto isolato – come figuratamente gli indiani pellerossa nelle riserve .-

Così succede per l'alpinismo – ripeto – che già viene considerato “fuori della norma e del comune “ e in gran parte bollato con la definizione di eccentricità, per mascherarne l'autentica verità spirituale.

***

E le altre definizioni della scalata ? Avventura, conoscenza, gioco, competizione, esplorazione ?

Tutte valide, effettive. Proprio perché un'attività complessa come l'ascensione può essere esaminata e valutata da differenti angoli visuali e su diversi livelli.

Ma rimane sempre il fatto che l'essenza profonda di questa attività è la concretizzazione della spinta dell'uomo verso il cielo.

Le altre spiegazioni, anche se effettive, risultano secondarie.

***

Concludo anche qui come già fatto in altro scritto.

“ Alpinismo, espressione assoluta – in quanto coinvolge spirito e corpo – dell'innata questua dell'essere umano all'alto.

Effettuata sulla montagna, che a sua volta simboleggia la tendenza cosmica di elevazione.

Atto d'amore nel significato dantesco.

Amor che muove il sole e le altre stelle.”


martedì 13 luglio 2010

IL RESPIRO DEL BOSCO



Giorgio Broz è un uomo fortunato: ogni giorno esce di casa per svolgere un lavoro che ama appassionatamente. E non si tratta certo di un lavoro comodo, né sicuramente di un compito facile. Calzati gli scarponi, o, quando è inverno, gli sci, ogni giorno, e con qualsiasi tempo, parte per pattugliare il vasto territorio della valle che gli è stata affidata.
Giorgio Broz è il custode forestale della Vallarsa.
E ama percorrerla sotto il sole e la pioggia, con la neve e con il gelo, quando fa caldo e quando le mani diventano insensibili per il freddo, e il naso pare staccarsi dalla faccia sotto i tagli del vento che scende dalle Piccole Dolomiti.
E mentre cammina per incerti tratturi, resi ormai invisibili dal viluppo di piante del bosco che avanza, Giorgio Broz osserva. Fotografa, a volte. Respira fino in fondo ai polmoni il mondo verde, o bianco, che lo circonda. E sempre, sempre, la sua anima intreccia un dialogo fitto e pieno di meraviglia con gli alberi e il cielo, con la neve e le sue innumerevoli forme, con i camosci e le bestie del bosco, con l'acqua dei ruscelli e le pietre del sentiero.
E ogni tanto, quando la gioia di quel che ha visto e attraversato gli trabocca un po' troppo forte dall'anima, decide di regalarcene un pezzetto. A volte sotto forma di fotografia. A volte sotto forma di racconto.

Ecco qui.


"Il respiro del bosco". Di Giorgio Broz.

Le pelli di foca, incollate agli sci, fischiavano trascinate dal mio passo un po’ lento sulla pista di neve battuta, mentre salivo verso il Cheserle. Neve anche sui rami degli alberi. Faggi dello stesso bosco divisi dalla strada, ma che ora si tenevano per mano intrecciando i loro rami bloccati dalla neve gelata. Chissà quali storie si raccontavano in quel paesaggio di fate. I bastoncini, che mi aiutavano nel cammino, bucavano la neve causando un curioso cigolio. Acuto, quasi un lamento che variava di tonalità quando seguivano in avanti il movimento del braccio. Nelle zone aperte a lato strada, la neve era alta, il bosco più lontano, e sulle Coste del Cheserle era arrivata una striscia di sole. Illuminava le piante bianchissime, cariche di neve quasi a farle risplendere. Il freddo si faceva sentire e stringeva questo piccolo mondo nella sua morsa di gennaio. La strada ora pianeggiante aiutava a risparmiare le forze e oramai ero al cimitero militare. Ogni tanto mi fermavo ad ascoltare, ma era solo il silenzio del bosco che dormiva a farmi compagnia. Anche la baita di Roberto dormiva e solo la profonda traccia degli sci era rimasta testimone della mia silenziosa visita. Proseguivo verso Monticello seguendo orme di racchette da neve e anche laggiù mi sembrava che il grande stallone e la baita riposassero. Seguivo queste impronte per comodità, per non scalfire una nuova traccia nell’alto spessore di neve polverosa dove lo sci sprofondava e la fatica si sarebbe presto fatta sentire. Lungo la salita verso le Buse, la neve ricopriva il bosco di mughi con grandiosi accumuli. Rotondi e osservati in controluce, erano illuminati da un continuo alternarsi di bianco e nero. In superficie la neve era ricoperta da uno spesso strato di brina. Non avevo mai visto cristalli di galaverna così grandi. Sotto la neve i mughi respirano; il loro fiato caldo sale, vuole uscire, ma in superficie ghiaccia. La differenza di temperatura fa aumentare continuamente le dimensioni dei cristalli. Mi sono detto che questo era il respiro del bosco. Non si sente, ma si può vedere. Il percorso in mezzo ai mughi era ampio e procedevo bene.
La baita di malga Buse sembrava la casa in cima al mondo. Si vedeva bene e quasi dall’alto, la catena di montagne dallo Stivo al Bondone e, ancora più lontano, il possente e inconfondibile profilo innevato del Brenta.
Poco dopo inizio la salita nell’intreccio di mughi. Per quanto conosciuto, impossibile ricordare la traccia del sentiero e solo grazie alle coraggiose pestole che mi precedono, posso proseguire.
Più volte lo sci sprofonda e s’incastra nei rami sotto la neve intrappolando il mio passo. Su questa neve asciutta e leggera le pelli di foca non aiutano molto e la salita è difficoltosa. Un continuo dibattersi in me tra il rinunciare e la voglia di andare avanti. Decido di continuare perché non vedo pericoli se non gli imprevisti che portiamo sempre con noi. Solo un grande silenzio e i “rotondi” di neve, solo il mio respiro e quello del bosco mi fanno compagnia.

Quasi all’improvviso appare il vuoto dei prati dello Spill, e all’uscita dal riparo del bosco l'aria è carica di invisibili aghi che pungono la faccia. Il freddo non mi lascia riposare e mi avvicino al bordo del grande burrone: mille metri sopra Valmorbia.
Porterò con me uno dei ricordi di oggi, riprendendo qualche immagine tra il vento che spazza la neve sulla sommità della montagna e va a scoprire le erbe secche del pascolo con i mughi bruciati, testimoni di un vecchio incendio.
Sul retro della baita del Dino, una pausa per il caffè d’orzo e per il cambio dei vestiti. Subito un senso di benessere e sono pronto per proseguire nella mia escursione. Mi dico che la parte più difficile è fatta e riprendo con il passo di metà percorso. Pensavo ad una piccola variante verso il Corno Battisti ad una baita conosciuta, ma mi accorgo che nessuno è ancora passato di lì. Davanti a me s’allunga uno scivolo di neve molto pendente, con grandi cumuli portati dal vento. Non è il caso di proseguire e tagliare la neve per primo. Scendo perciò verso malga Zocchi e nello strato nevoso consistente sembra quasi di galleggiare. Mi tengo alto sul costone perché voglio riprendere gli stabili della malga di fronte, dalla mia stessa altezza. Lascio alle mie spalle una traccia profonda e affaticata, ma riesco nell’intento. Ora farò un lungo giro “in piano” avvicinandomi alla cascina per controllare meglio questo stabile comunale e per riposare un po'.
Completamente diversa la neve sull’altro lato del vallone. Esposta al sole, riscaldata e raffreddata presenta duri crostoni. Anche quassù le baite dormono abituate al freddo dei loro moltissimi inverni. Trovo tutto in ordine e solo ora mi accorgo che l'orario è “già avanti”. Non si sentono campane quassù e non c'è l'esigenza di guardare l'orologio. C'è solo il silenzio che riempie l'anima e il colore del cielo da portare nello zaino per i giorni meno fortunati.
Quasi un bivacco la grande tettoia che vedo usata anche da escursionisti non sempre degni di queste quote. Lascio scorrere un po' il tempo e mi godo la vista del vallone che porta a Bocchetta Foxi e alle Corde. Con altro tipo neve sarebbe un’escursione bellissima per sbucare poi verso il rifugio Lancia. Ne ricordo una di qualche tempo fa.

Riprendo il mio passo tra le piante cariche di neve che forse mi guardano, e verso Pozza Orionda sono dentro un paesaggio degno del grande Nord. Mi muovo tra i larici immobili, bloccati dal gelo e mentre cammino osservo i raggi appuntiti del sole che sbucano tra il groviglio dei rami: ad ogni istante in un punto diverso. Mi sento parte di questo mondo incantato, di questo luogo meraviglioso che mi avvolge.Mi sento fortunato.
Come sempre in queste occasioni, quasi un peccato dover scendere a valle, ma la strada battuta e il piacere della discesa mi trascinano giù. Qualche sosta per rivedere e ricordare attimi che… l’attimo dopo sono già passati: il sole che illumina le Pale del Cheserle, la neve che nasconde i Sette Albi e ai lati della strada sempre grandi respiri del bosco pettinati con bellissime felci di ghiaccio.
Mi sono fermato più volte a fotografare il respiro del bosco e i cumuli rotondi in controluce. Avevo già numerose immagini, ma ad ogni sguardo sembrava che quello fosse il rotondo più bello e, più in là, quelle le scaglie più grandi. E mi trattenevo per riprendere ancora altre immagini.Scendendo di quota, sono scivolato in direzione di Giazzera. Qui non era più la neve sugli alberi, ma solo la brina che si stava sciogliendo. Mi colpiva il pulviscolo di ghiaccio che cadeva sulla strada come una pioggia asciutta, accompagnata da un impercettibile rumore: da ascoltare. Quasi una vibrazione che correva tra gli alberi del bosco.
Giunto al parcheggio ancora nell’ombra, è un larice dai “capelli bianchi” ad attirare la mia attenzione. Piccole ciórciole ghiacciate pendevano dai rami e gli facevano compagnia: tutte in fila sembravano i grani di un rosario. Prima che il sole arrivasse a sciogliere quel velo di cipria, li ho ripresi insieme nel loro inverno e li ho portati con me.


Giorgio Broz esporrà le sue fotografie al Museo della Civiltà Contadina di Riva di Vallarsa, dal 19 al 29 agosto 2010.

sabato 10 luglio 2010

TRA LE ROCCE E IL CIELO 2010: IL CALENDARIO DEFINITIVO

TRA LE ROCCE E IL CIELO 2010: IL CALENDARIO DEFINITIVO

Tutte le informazioni sul sito http://www.tralerocceeilcielo.net/


Ecco il calendario definitivo della manifestazione TRA LE ROCCE E IL CIELO, la cui seconda edizione si svolgerà in Vallarsa (Trento) dal 19 al 22 agosto 2010.

Sarà una grande festa delle Alpi, con protagonisti di eccezione riuniti a celebrare, insieme al pubblico, i molti modi in cui si può declinare il vivere in montagna, oggi.

Sarà un'occasione per discutere dei grandi cambiamenti a cui l'ambiente montano sta andando incontro, in questi anni di profonda trasformazione globale; ma anche per godere film, mostre, concerti, incontri con le tradizioni delle minoranze, escursioni nella natura intatta della Vallarsa. Con un occhio di riguardo verso i più piccoli: ogni pomeriggio personale esperto si dedicherà a coinvolgerli in laboratori artistici e musicali sulla natura e sulle tradizioni dei nostri monti.


GIOVEDI' 19 AGOSTO 2010

Giornata della Vita in Montagna

MATTINA:

Ore 8.00 ESCURSIONE STORICO - NATURALISTICA* CON S.A.T. e A.N.A. di Vallarsa al Forte Parmesan (Obra di Vallarsa). Partenza davanti alla chiesetta di Speccheri con abbigliamento da escursione, spolverino impermeabile e torcia elettrica.

Ore 9.00 - 10.30 Obra, ex scuola elementare: INAUGURAZIONE delle mostre di Giuliano Bussolon, Lia Cinà Bezzi, Stefano Maraner, Etty Pergolis ed altri. Con la presenza degli autori.

Ore 11.00 - 12.30 Teatro Comunale di S. Anna: CHEYENNE, TRENT'ANNI. Proiezione del film, seguita dall'incontro con l'autore Michele Trentini e la protagonista, la pastora Cheyenne.

POMERIGGIO:

Ore 15.00 - 18.00, "Baitel de i Orsi", Riva di Vallarsa (presso pista ghiaccio) ANIMAZIONE PER I BAMBINI: laboratorio musicale PER FARE UN BOSCO, a cura di Alessandra Buffatto e Marisa Modena.

Ore 14.30 - 15.30 Riva di Vallarsa, Museo della Civiltà Contadina: INAUGURAZIONE delle mostre di Giorgio Broz, Lucia Marana, Luisa Rota Sperti, Adriano Tomba. Con la presenza degli artisti. Coordina Filippo Zolezzi.

Teatro Comunale di S. Anna:

  • ore 14.00 - 15.00 KERLE TRA STORIA E MITO. Proiezione del filmato di Andrea Bauce, Enrico Bauce, Bepi Magrin.
  • ore 15.00 - 16.00 LA GESTIONE DELL'ORSO BRUNO IN TRENTINO E SULL'ARCO ALPINO. Incontro a cura del Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento. Introduce Marco Matteotti.
  • ore 16.00 - 17.00 INAUGURAZIONE DELLA MANIFESTAZIONE. Con Franco Panizza, Geremia Gios, Piergiorgio Motter, Luciano Pezzato, Ornella Martini, Iva Berasi, Egidio Bonapace. Con le vignette di Fabio Vettori.
  • ore 17.00 - 19.00 LE NUOVE ALPI. VIVERE IN MONTAGNA, OGGI. Tavola rotonda con Enrico Camanni, Spiro Dalla Porta Xydias, Geremia Gios, Marcello Mazzucchi, Annibale Salsa.
  • Ore 19.00 APERITIVO offerto dalle Cantine Vivallis e dalle Distillerie Marzadro.

SERA:

Ore 20.30 "Baitel de i Orsi", Riva di Vallarsa (presso pista ghiaccio): concerto NOTTE DI RONDA, MUSICA DI STELLE E BOMBE**. Sulla proiezione del documentario “Kaiserjäger” del 1917, originale inedito della Grande Guerra in Pasubio (dal Medienzentrum del LandesArchiv di Innsbruck), musiche originali dal vivo di Francesca Aste eseguite da Francesca Aste, Barbara Broz, Klaus Broz, Marco Dalpane.


VENERDI' 20 AGOSTO 2010

Giornata delle Minoranze Linguistiche

MATTINA:

Ore 5.00 ESCURSIONE NATURALISTICA* con l'Associazione Cacciatori di Vallarsa sul Sentiero delle Greste del Monte Pasubio. A cura di Maurizio Valduga. Appuntamento a Riva di Vallarsa, davanti all'Albergo Passo Buole, con scarponi e abbigliamento da montagna, binocolo, macchina fotografica. Uscita per escursionisti esperti.

Ore 9.00 - 13.00 Teatro Comunale di S. Anna: CULTURA MINORITARIA E TOPONOMASTICA, convegno in collaborazione con l'Ufficio Minoranze Linguistiche della Regione Trentino - Alto Adige, con Birgit Alber, Alexis Bétémps, Franco Bronzat, Remo Bussolon, Paolo Crosa Lenz, Saverio Favre, Lydia Flöss, Sieghard Gamper, Geremia Gios, Valter Giuliano, Silvia Liotto, Fiorenzo Nicolussi Castellan, Annibale Salsa, Hugo-Daniel Stoffella.


POMERIGGIO:

ore 15.00 - 18.00 "Baitel de i Orsi", Riva di Vallarsa (presso pista ghiaccio) ANIMAZIONE PER I BAMBINI: laboratorio sulle leggende cimbre e ladine a cura della dott.ssa Paola Martello.

Riva di Vallarsa, Museo della Civiltà Contadina:

  • Ore 15.00 - 17.00: LE MINORANZE IN GIOCO: canti, danze, costumi, storie e leggende delle genti delle Alpi. Con il gruppo di danze tradizionali occitane LA MEIRO, e le maschere del CARNEVALE LADINO DI VAL DI FASSA presentate da Claus Soraperra e Manuel Riz.
  • Ore 17.00 - 18.00: GUARDIANO DI STELLE E DI VACCHE, presentazione del libro di Andrea Nicolussi Golo, Ed. Biblioteca dell'immagine. Con la partecipazione dell'autore.

"Baitel dei Orsi", Riva di Vallarsa (presso Pista Ghiaccio):

  • ore 18.00 - 19.00: PREMIO LETTERARIO ALPINIA, PRIMA EDIZIONE. Lorenzo Dellai, Luana Bisesti, Alberto Folgheraiter, Geremia Gios, Giovanni Peretti e Carlo Spagnolli consegnano i riconoscimenti ad autori e case editrici. Coordina Filippo Zolezzi.
  • Ore 19.00 APERITIVO offerto dalle Cantine Vivallis e dalle Distillerie Marzadro.

SERA:

Ore 20.30 Museo della Civiltà Contadina: LA POESIA DELLA MONTAGNA. I versi di Ariadne Radi Cor (video/poesia "Film Noir"), Renato Sclaunich, Antonella Bragagna, Maria Vittoria Keller, Maddalena Bertolini, Gigi Zoppello, con la partecipazione di FRANCO LOI. Conclude la serata CANTORI A BRACCIO, contrasto poetico fra poeti improvvisatori in ottava rima, con Donato De Acutis (Rieti) e Irene Marconi (Toscana), due fra i migliori giovani di quest'arte antica. Evento a cura di Quotapoesia – Atletico Poeti Trento.


SABATO 21 AGOSTO 2010

Giornata dell'Arte della Montagna

MATTINA:

ore 10.00 - 12.00 "Baitel de i Orsi", Riva di Vallarsa (presso pista ghiaccio): ATTREZZATURE E METODOLOGIE DI SALVATAGGIO IN MONTAGNA. Incontro con la Stazione di Rovereto del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico.

Ore 9.00 - 12.45 Museo della Civiltà Contadina: GLI SCRITTORI SI PRESENTANO. I libri raccontati dagli autori. Presentazione dei libri di Paolo Liserre e Marco Matteotti, Bepi Magrin e Eugenio Cipriani, Irene Affentranger, Marialinda Cicchelero e Giorgio Broz, Silvana Rovis, Bruna Martinelli, Carlo Martinelli. Con introduzione e intermezzo musicale del duo Giovanni e Walter Salin. Coordina Filippo Zolezzi.


POMERIGGIO:

ore 15.00 -18.00 "Baitel de i Orsi", Riva di Vallarsa (presso pista ghiaccio) ANIMAZIONE PER I BAMBINI: laboratorio costruzione libro a cura delle edizioni Arte e Crescita (Alice Robol e Luisa Capparotto).

Teatro comunale S. Anna:

  • ore 14.00 - 15.30 UOMINI E MONTAGNE. Proiezione del film, seguita dall'incontro con l'autore Michele Dalla Palma.
  • ore 15.30 - 19.00 COMMEMORAZIONE DI CLAUDIO BARBIER. Con Anna Lauwaert, autrice del libro "La via del Drago" (ed. Vivalda), e Armando Aste, Frank Boeye, Spiro Dalla Porta Xydias, Fausto De Stefani, Alberto Dorigatti, Loredana Giongo, Luisa Jovane, Heinz Mariacher, Alberto Montanari, Bepi Pellegrinon, Franco Perlotto, John Porter, Heinz Steinkötter. Coordina Mirella Tenderini.
  • Ore 19.00 APERITIVO offerto dalle Cantine Vivallis e dalle Distillerie Marzadro.

SERA:

  • Ore 20.30 Teatro Comunale di S. Anna: ATTENTATO ALL'ALPINISMO. Conferenza di Spiro Dalla Porta Xydias, Con la partecipazione di Armando Aste e Mario Martinelli.

DOMENICA 22 AGOSTO 2010

Giornata della Storia

MATTINA:

9.00 - 11.00 ESCURSIONE STORICA* sul Trincerone del Monte Zugna, a cura di Tiziano Bertè del Museo della Guerra di Rovereto. Partenza da Albaredo, al bivio per il Monte Zugna.

Teatro Comunale S. Anna:

  • Ore 10.00 - 11.00: PAESAGGI DI GUERRA. Presentazione del catalogo della mostra "Il Trentino dopo la Prima Guerra Mondiale", a cura del Museo della Guerra di Rovereto.
  • Ore 11.00 - 12.30: SULLE TRACCE DELLA MEMORIA: il segno della Ritirata di Russia nei sentimenti delle nuove generazioni. Proiezione del film della collana editoriale IPDV - l’Impronta degli Alpini, seguito dall'incontro con l'autore Fabio Ognibeni.

POMERIGGIO:

ore 15.00 - 18.00 "Baitel de i Orsi", Riva di Vallarsa (presso pista ghiaccio) ANIMAZIONE PER I BAMBINI: laboratorio di costruzione di un libro a cura delle edizioni Arte e Crescita (Alice Robol e Luisa Capparotto).

Teatro Comunale di S. Anna

  • Ore 15.00 - 15.45 PASUBIO 100 ANNI. Presentazione del progetto di mappatura e valorizzazione delle opere belliche in Vallarsa, a cura di Lucio Angheben.
  • Ore 15.45 - 16.45 LAVORI IN CORSO SUI SITI DELLA GRANDE GUERRA. Presentazione dei lavori di recupero, restauro e valorizzazione in atto sui Monti Zugna, Pasubio, Testo e Corno Battisti. Con Alessandro Andreolli, Giorgio Campolongo, Vittorio Corà, Gianpaolo Ferrari, Sandro Flaim, Mauro Passarin, e la sezione S.A.T. di Rovereto.
  • Ore 16.45 - 18.00 LA PROVA DEL FUOCO, di CARLO PASTORINO: il riscatto di un libro dimenticato. Presentazione della nuova edizione EGON del libro "La prova del fuoco". Con la famiglia Pastorino, Francesco De Nicola, Geremia Gios, Mario Martinelli, Gregorio Pezzato, Paolo Ottonello.
  • Ore 18.00 - 19.00 TROUVEURS VALDÔTAINS: canti e danze tradizionali della Val d'Aosta, con Liliana Bertolo, Alessandro Boniface, Rémy Boniface, Vincent Boniface. Concerto conclusivo della manifestazione.
  • Ore 19.00 APERITIVO offerto dalle Cantine Vivallis e dalle Distillerie Marzadro.

MOSTRE

orari di apertura durante la manifestazione: 9.00 - 12.00 / 15.00 - 19.00

  • 1 - 29 agosto Museo della civiltà contadina, Riva di Vallarsa: mostra DALLE VALLI ALLE VETTE: LEGGENDE ALPINE, della pittrice e scultrice Luisa Rota Sperti.
  • 19 - 29 agosto Museo della civiltà contadina, Riva di Vallarsa: mostre fotografiche FOTO NATURALISTICHE IN AMBIENTE MONTANO di Giorgio Broz; FOTOGRAFIE di Lucia Marana; UNA MALGA DELLE PICCOLE DOLOMITI di Adriano Tomba. Orario di apertura:
  • 19 - 29 agosto, ex scuole elementari, Obra: QUADRI E SCULTURE di Giuliano Bussolon, Lia Cinà Bezzi, Stefano Maraner, Etty Pergolis ed altri autori.