mercoledì 30 luglio 2014

La Grande Guerra a "Tra le Rocce e il Cielo 2014"


Nell’anno in cui iniziano le celebrazioni per il Centenario del primo conflitto mondiale la Grande Guerra non poteva che essere protagonista a “TRA ROCCE E IL CIELO”, il Festival della montagna che si  svolge in Vallarsa (Tn) dal 21 al 24 agosto 2014.

Domenica 24 agosto 2014, giornata che il festival dedica alla storia, ci sarà un’escursione sugli avamposti dell’artiglieria verso il monte Corno, un recital-tavola rotonda sulle donne nella guerra e uno spettacolo teatrale che dà voce alle testimonianze dei soldati trentini. 


L’USCITA SUI SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA porterà da Raossi al Sommele, sugli avamposti dell’artiglieria verso il Corno. L’escursione accompagnerà gli amanti della storia e della montagna lungo il percorso audio-guidato PAPA dell’associazione Pasubio100Anni. Si parte alle ore 8 dal parcheggio di Raossi. E’ necessario abbigliamento da montagna.

Alle 17.30 al Museo della civiltà contadina di Riva  si terrà un Recital - Tavola rotonda dal titolo  DONNE NELLA TEMPESTA. Voci femminili durante le Grande Guerra. Luciana Palla, Rosanna Cavallini e Francesco De Nicola parleranno del ruolo della donna nel primo conflitto mondiale e vi saranno intermezzi recitativi e musicali di Walter e Chiara Salin, con canti al femminile e letture di scritti e diari di donne nella guerra. Presenta Roberto Mantovani.



La serata si aprirà alle 20 con la proiezione del film “CESARE BATTISTI. L’ULTIMA FOTOGRAFIA” di Clemente Volpini, regia di Graziano Conversano, prodotto da Rai Educational – Rai Storia, in collaborazione con la Fondazione Museo Storico del Trentino. Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo Storico, presenterà il documentario che racconta la vita di Cesare Battisti, divenuto un simbolo capace ancora, a cent’anni di distanza, di far discutere: martire per l’Italia, traditore per l’Austria. Per questo ora, con l’Unione Europea ancora in costruzione e soggetta a frizioni e spinte centrifughe, è così importante indagare il pensiero e le azioni di un uomo che sognava l’Europa dei popoli e la fratellanza come forma di convivenza, ma che venne poi travolto dalla guerra quando, nel 1914, gli Stati decisero di risolvere con le armi i conflitti nazionali. La sua storia, dunque, va ben oltre la sua persona, ed ha molto da insegnare anche a noi oggi.

La proiezione, al Teatro comunale di Sant’Anna, sarà seguita dallo spettacolo "MIA MEMORIA…" Testimonianze dei soldati trentini nella Grande Guerra.
I soldati trentini che hanno combattuto la Grande Guerra sul fronte orientale, arruolati nell’esercito austroungarico, sono stati spesso guardati con sospetto e disprezzo dai commilitoni in quanto “Tagliani”. D’altra parte, sono stati anche a lungo rimossi dalle cronache italiane perché hanno combattuto dalla parte “sbagliata”. Hanno comunque lasciato una loro straordinaria testimonianza in diari e lettere scritte durante la prima guerra mondiale; assieme a loro tutti i civili, uomini e donne, che hanno visto sconvolte la loro vita e la loro terra dagli eventi bellici.
Questi scritti, spesso terribili ma carichi di viva umanità popolare, sono stati recentemente raccolti nel volume di Quinto Antonelli I dimenticati della Grande Guerra - La memoria dei combattenti trentini (1914-1920).


Lo spettacolo “Mia memoria”, scritto e interpretato da Amedeo Savoia, intende contribuire a farli conoscere, dando corpo alle voci di questa umanità singolare, con l’aiuto della musica klezmer del gruppo T.T.T. (Musiche dal Trentino, Tirolo, Transilvania), le voci dei Cantori di Verméi,  e di un multimedia ricco di foto storiche e di filmati d’epoca.
Presenta Giuseppe Ferrandi.

La Grande Guerra sarà protagonista anche in una serie di mostre in esposizione al Teatro Tenda di Raossi, dal 2 al 31 agosto (dal martedì alla domenica dalle 10 alle 12, dalle 15.30 alle 18.30).
  • Mostra FIGURE BAMBINE. La Grande Guerra nelle illustrazioni e nei fumetti tra propaganda e memoria. Cartoline, libri illustrati, fiabe a quadretti sulla Grande Guerra dal coinvolgimento dell’infanzia europea nel conflitto alla memoria di questo attraverso le nuvole dei fumetti.  Di Fondazione Museo Storico di Trento, a cura di Nicola Spagnolli.
  • Mostra fotografica e documentaria ABBASSO LA GUERRA Persone e movimenti per la pace dall’800 ad oggi. Testi, documenti, immagini raccontano il movimento pacifista in Italia. La mostra ha il patrocinio della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, l’adesione della Fondazione Museo Storico del Trentino, dell’Istituto di istruzione superiore don Milani di Rovereto, del Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani. A cura di Francesco Pugliese.
  • Mostra LA VALLARSA DI CARTA. Le immagini del territorio nella Grande Guerra sulle mappe del genio militare Italiano. A cura della Gruppo Alpini Vallarsa.
  • Mostre fotografica SENTIERO DI PACE. 1914-2014. Viaggio lungo il fronte restituito alla natura di Massimo Falqui Massidda.
  • Mostra fotografica LA GRANDE GUERRA E LA MEMORIA DEL TERRITORIO SUL SENTIERO DELLA PACE di Claudio Fabbro. Percorrendo la via del fronte alla ricerca dell’eco di quell’apocalittico evento che ha sconvolto territorio uomini e coscienze

Per gli amanti delle camminate venerdì 22 agosto il festival propone un’USCITA LUNGO IL SENTIERO DELLA PACE fino al Parco della Pace e a Passo Buole, dove fu combattuta una delle più terribili battaglie della Grande Guerra. Si parte alle ore 8 dal rifugio Monte Zugna. Accompagnano Martino Cornali e Claudio Fabbro, “pellegrini civili sul Sentiero della Pace” per Fondazione Opera Campana dei Caduti. Il primo tratto da Rifugio Monte Zugna fino al Parco della Pace è adatto per famiglie e bambini.




lunedì 28 luglio 2014

Le minoranze linguistiche dell'arco alpino e del mondo alla giornata delle lingue madri


Sarà internazionale quest’anno la giornata che il Festival Tra le Rocce e il Cielo – che si svolge in Vallarsa dal 21 al 24 agosto – dedica alle lingue madri.

Venerdì 22 agosto sarà dedicato interamente alla narrazione delle difficoltà incontrate dai componenti di un’identità etnica minoritaria nell’interfacciarsi con lo stato nazione grazie all’incontro IDENTITA' IN BILICO. NARRARE IL MONDO CON GLI OCCHI DELLE ETNIE RESPINTE


La giornata si aprirà al Teatro di Sant’Anna con una tavola rotonda nella mattinata, dalle 9 alle 12.30, coordinata da Annibale Salsa, in cui interverranno numerosi rappresentanti delle minoranze etno- linguistiche dell’arco alpino (cimbri, mocheni, ladini, walser e occitani). Come suggerisce il titolo, ESCLUSIONE-INTEGRAZIONE: il fluttuare dell’identità lungo il corso dei secoli, il convegno si occuperà di indagare come le identità etniche minoritarie si siano evolute e modificate in risposta alle manipolazioni operate dallo stato nazione e dalle sue politiche sociali. Interverranno i cimbri Andrea Nicolussi Golo, Vito Massalongo e Hugo Daniel Stoffella, i ladini Werner Pescosta e Fabio Chiocchetti, il mocheno Leo Toller, l’occitana Ines Cavalcanti, la walser Beba Schranz, e Frédéric Spagnoli.


Nel pomeriggio, dalle 14 alle 16.30, si terrà il convegno “DIALOGHI, VISIONI, NARRAZIONI. Narrare il mondo con gli occhi delle etnie respinte coordinato da Riccardo Rella. Sempre al Teatro di Sant’Anna, l’incontro sarà organizzato in forma di dialogo diretto tra il moderatore e gli autori invitati, riprendendo il discorso della mattinata, ma allargandone l’orizzonte al mondo intero. L’evento si aprirà con il dialogo con il poeta ed ex- monaco tibetano Nodreng, cui seguirà la proiezione del suo documentario THE LEAVING, incentrato sulla vita quotidiana del suo villaggio d’origine.


Interverrà Wolftraud de Concini, che racconterà la sua esperienza di tedesca boema, costretta a dover abbandonare il proprio paese d’origine in seguito alle rappresaglie dell’etnia ceca seguite all’occupazione nazista dei sudeti.
Seguirà il poeta curdo Mehmet Altun, che parlerà della sua esperienza di curdo turco e della sua opera poetica.
A chiudere il convegno del pomeriggio sarà il dialogo tra Andrea Nicolussi Golo e la scrittrice armena Antonia Arslan, autrice del libro La masseria delle allodole, dedicato al genocidio armeno del 1915 in Turchia. Quest’ultimo dialogo introdurrà la visione del film omonimo dei fratelli Taviani, tratto dal libro della Arslan e pluripremiato in numerosi festival cinematografici. L’inizio della proiezione è prevista per le 16.30.



Per i più piccoli, nel pomeriggio dalle 14.30, ci saranno, al tendone di Riva di Vallarsa, dei laboratori linguistici per bambini: "UN GIORNO IN OCCITANO e TIBETANO. Gioca a parlare e scrivere nelle lingue d’alta quota". Con la collaborazione di Associazione “Chambra D’Oc” e Associazione Italia-Tibet.

La giornata si chiuderà con il concerto del coro 12 canti per 12 lingue, che eseguirà un ricco repertorio di canzoni tradizionali di tutte e 12 le minoranze etniche presenti sul territorio nazionale: albanese, catalana, germanica, greca, slovena, croata, francese, francoprovenzale, friulana, ladina, occitana, sarda. L’evento inizierà subito dopo cena, alle 21 al tendone di Riva di Vallarsa.

La giornata è patrocinata dalla Regione Autonoma Trentino Alto Adige – Sudtirol e dalla Provincia Autonoma di Trento, Ufficio Monoranze. Si ringraziano gli istituti culturali che ci hanno aiutato, mettendo a disposizione le loro preziose competenze, nella costruzione del programma.




Riccardo Rella


sabato 26 luglio 2014

Il programma di "Tra le Rocce e il Cielo 2014"


TRA LE ROCCE E IL CIELO, il Festival dedicato a chi vuole vivere la montagna con consapevolezza torna in Vallarsa dal 21 al 24 agosto.
L’architettura di montagna e i cambiamenti climatici, l’identità delle etnie respinte, il centenario della Grande Guerra e la relazione tra uomo e natura saranno gli argomenti principali dell’edizione 2014 del Festival.


Mostre, film, incontri, uscite sul territorio, convegni, laboratori, concerti, spettacoli, presentazioni di libri arricchiranno i quattro giorni della manifestazione - organizzata dall'associazione culturale Tra le rocce e il cielo in partnership con Accademia della montagna del Trentino - che si svolge nel suggestivo e incontaminato ambiente della Vallarsa (TN), all'ombra delle Piccole Dolomiti.

Ecco il programma:

venerdì 25 luglio 2014

Arte, musica e danza raccontano "La via dei Mulini"

Sarà LA VIA DEI MULINI, un progetto che indaga l'energia dell'acqua capace di generare vita e diventare forza motrice, alimentando l'immaginazione, la creatività e sogni individuali e di comunità, il protagonista della prima giornata del Festival della montagna TRA LE ROCCE E IL CIELO, che si svolge in Vallarsa dal 21 al 24 agosto 2014.

Giovedì 21 agosto, prima giornata della manifestazione, che sarà inaugurata alle 17 al Teatro comunale di Sant’Anna, verrà presentato il progetto ideato ed organizzato da ELEMENTARE, giovane realtà associativa nata per iniziativa di un gruppo di artisti trentini impegnati in ambito nazionale e internazionale nello sviluppo e nell’indagine delle differenti discipline artistiche riconducibili alla macrocategoria delle arti visive, in particolare: teatro e fotografia, design grafico e del prodotto, performing arts e arti plastiche, video e multimedia.
L’associazione ha sede nella ex scuola elementare di Valmorbia che, concessa in comodato d’uso decennale dal Comune di Vallarsa, verrà riconvertita in centro di ricerca e formazione artistico-culturale. “Spazio Elementare” sarà luogo all’interno del quale sarà possibile scambiarsi idee, confrontarsi condividendo conoscenze e saperi.


Il 21 agosto, alle 18.30 nello Spazio Elementare, nel paese di Valmorbia, verrà presentato il progetto LA VIA DEI MULINI che si struttura in 4 momenti iniziali che danno spazio allo scambio libero di idee tra tutte le persone che arriveranno nel paese di Valmorbia.
Le fotografie e  i video, a cura di Massimo Falqui Massidda e Andi Stefo, mostreranno il rapporto gravitazionale dell'acqua ma anche i rapporti tra ecologia e sicurezza idrogeologica.
Un TOTEM, progettato da Ilaria Bassoli e Davide Vivaldi, parlerà delle relazioni cinetiche che l'uomo ha saputo generare attraverso i mulini. Esso descriverà il valore aggiunto originato dall’acqua, che aumenta le possibilità di scambio. Si mangerà insieme per dare alle persone la possibilità di confrontarsi con gli autori delle fotografie e delle sculture ragionando anche sulla forza moltiplicatrice dei mulini.
Infine, una descrizione metodologica ricorderà gli 11 mulini che sorgevano in passato lungo le sponde del fiume Leno. Tali luoghi infatti sono stati in diversi casi corrosi dal tempo e riassorbiti dalla natura e dunque non sono più visibili. Il progetto servirà per ricordarci che senza un catalogazione di tali siti, patrimonio dal grandissimo valore tradizionale, ne verrebbe perduta per sempre la memoria, determinando la perdita di quel filo conduttore che mantiene il contatto tra uomo e natura. Gli undici mulini ritorneranno in questo modo ad essere luoghi simbolici, che per i prossimi undici anni l'associazione Elementare ha intenzione di indagare, attraverso una manifestazione annuale dedicata ad ognuno di essi.

Dalle ore 20.30, LA VIA DEI MULINI diventerà un momento di cultura di teatro e danza. Con lo spettacoloLA LUNA SULL’UOMO (anteprima)” - regia di Carolina De La Calle Casanova con Federico Vivaldi - si indagherà la relazione tra uomo e natura come una chimera tra sogno e realtà. La luna ben rappresenta questa tensione dell'uomo ad andare oltre. Un racconto teatrale di tentativi e fallimenti, come elogio non tanto al sogno in sé quanto all’avventura che sta dietro e dentro ad esso per realizzarlo.



Al termine dello spettacolo teatrale seguirà “SCIVIAS - CONOSCI LE VIE (anteprima)” una performance di danza contemporanea curata da Erica Cappelletti, con proiezioni video realizzate da Massimo Vicentini. Attraverso l’interazione di movimento, suono ed immagine, la performance si propone di ridare vita al dinamismo del mulino reinterpretandolo in chiave simbolica. Ciò che emerge è l'atto creativo, frutto del processo di incontro fra l'uomo e la natura.



A conclusione il gruppo CONNECTED DUO, memorie di macchine motrici, ci accompagnerà verso la notte con sonorità jazz, indie, acoustic.

In caso di cattivo tempo gli spettacoli serali si terranno al Teatro di Sant’Anna.
A Valmorbia non vi è molto parcheggio: usa bene l'automobile, dai un passaggio ad altre persone.







Stefania Costa

mercoledì 23 luglio 2014

Le mostre sulla Grande Guerra a "Tra le Rocce e il Cielo"

Zona di confine tra lmpero Austro-Ungarico e Regno d'ltalia, la Vallarsa fu teatro di lunghi e tragici combattimenti tra il 1914 e il 1918. Nella valle del Leno riman­gono oggi i segni della Grande Guerra, che si possono vedere osservando il territorio modellato dall’esplosione delle bombe e delle granate, scavato dalle trincee e dai camminamenti, attraversato dalle mulattiere e puntellato dai forti.

Proprio in questo luogo, a un secolo da quegli eventi TRA LE ROCCE E IL CIELO, il Festival della montagna vissuta con consapevolezza che si svolge in Vallarsa dal 21 al 24 agosto, propone una serie di mostre che indagheranno da vari aspetti il tema della Grande Guerra, per non dimenticare il nostro passato.

IN CAMMINO VERSO LA PACE Viaggi attraverso la Grande Guerra è un percorso espositivo di riflessione. Le mostre che commemorano il Centenario del primo conflitto mondiale sono radunate al Teatro Tenda di Raossi – accanto al campo sportivo di Vallarsa –. Verranno inaugurate sabato 2 agosto alle 17.30 e si potranno visitare per tutto il mese dal martedì alla domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15.30 alle 18.30.



Ecco quali sono:

La mostra FIGURE BAMBINE. La Grande Guerra nelle illustrazioni e nei fumetti tra propaganda e memoria racconta grazie a cartoline, libri illustrati, fiabe a quadretti come i bambini di tutta Europa furono prima coinvolti nel conflitto e poi come questi fu loro ricordato attraverso le nuvole dei fumetti. La mostra della Fondazione Museo Storico di Trento è curata da Nicola Spagnolli. Una parte è dedicata al mondo dell’illustrazione - cartoline, libri illustrati, manifesti - avente per soggetto, o per destinataria, principalmente l’infanzia, con un confronto soprattutto tra l’esperienza italiana e quella germanico-austriaca. Un’altra si concentra sul racconto a fumetti della Grande Guerra nella seconda metà del Novecento e su come questo sia cambiato nel corso degli anni a seconda dei mutamenti delle prospettive storico culturali su di essa.

Numero speciale della rivista satirica francese “La Baionette” (1915-1920) rivolto ai “nostri bambini” (“Nos Gosses”). Ottobre 1915 ©

La mostra fotografica e documentaria ABBASSO LA GUERRA Persone e movimenti per la pace dall’800 ad oggi racconta grazie a testi, documenti, immagini il movimento pacifista in Italia. Curata da Francesco Pugliese l’esposizione ha il patrocinio della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, l’adesione della Fondazione Museo Storico del Trentino, dell’Istituto di istruzione superiore don Milani di Rovereto, del Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani. Vuole sostenere la memoria storica dell’opposizione e degli oppositori alla guerra e agli armamenti e sensibilizzare sul tema della pace.

LA VALLARSA DI CARTA. Le immagini del territorio nella Grande Guerra sulle mappe del genio militare Italiano è curata della Gruppo Alpini Vallarsa che mette in mostre le mappe con le quali i vertici dell’esercito del Ragno d’Italia preparavano linee difensive e tattiche offensive, progettavano la costruzione di mulattiere e strade, gallerie e depositi, baracche per i soldati e teleferiche.

La mostra SENTIERO DI PACE. 1914-2014. Viaggio lungo il fronte restituito alla natura grazie alle fotografie di Massimo Falqui Massidda racconta un percorso lungo quello che, allo scoppio del primo conflitto mondiale, era il confine tra Impero Austroungarico e Regno d’Italia. Un trekking per trasformare il fronte immobile, da luogo di violenza ed orrore, in un viaggio nella meraviglia del paesaggio montano. 58 giorni di cammino. 1.060 chilometri percorsi da Livigno attraverso le catene montuose di Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli, il tratto dell’alto Isonzo in territorio sloveno, fino al mare di Monfalcone. 

Fotografia tratta dalla mostra di Massimo Falqui Massidda ©

Nella mostra LA GRANDE GUERRA E LA MEMORIA DEL TERRITORIO SUL SENTIERO DELLA PACE gli scatti di Claudio Fabbro ripercorrono la via del fronte alla ricerca dell’eco di quell’apocalittico evento che ha sconvolto territorio uomini e coscienze lungo l’itinerario di 520 chilometri che collega il Passo del Tonale alla Marmolada.

L’inaugurazione delle mostre, alla quale parteciperanno anche il direttore della Fondazione Museo Storico Giuseppe Ferrandi e l’assessore provinciale Tiziano Mellarini, sabato 2 agosto alle 17.30, sarà anche occasione per raccontare il progetto Pellegrinaggio civile sul sentiero della Pace della Fondazione Opera Campana dei Caduti.
Alberto Robol, reggente della Fondazione con Martino Cornali e Claudio Fabbro racconteranno percorso materiale e spirituale che in 22 giorni di cammino e 20 tappe ha portato un gruppo di pellegrini dalla Marmolada alla Campana dei Caduti.

lunedì 21 luglio 2014

Ghiacciai di una volta. Christian Casarotto ci racconta la mostra

In un periodo come l’attuale che ha visto, nell’arco di un secolo, quasi dimezzare l’estensione dei ghiacciai alpini, è emersa la necessità e l’importanza di raccogliere una documentazione scientificamente valida coinvolgendo in maniera attiva i cittadini, manifestando così all’intera società l’arretramento glaciale in atto, le sue conseguenze e le modificazioni del paesaggio alpino.

Il Muse ha così ideato il progetto Ghiacciai di una volta cofinanziato dal Comitato Scientifico Centrale del Club Alpino Italiano. Il progetto ha coinvolto la collettività invitandola ad acquisire immagini fotografiche moderne per riprodurre, nei medesimi punti di vista, riprese dei ghiacciai effettuate in tempi storici. 
Le fotografie storiche dei ghiacciai, unitamente alle foto attuali inviate al Muse e scattate da centinaia di persone, hanno permesso di costruire un prezioso archivio di immagini utili per indagini comparative dei ghiacciai e dell’ambiente alpino e per la realizzazione della mostra GHIACCIAI DI UNA VOLTA Immagini a confronto che ha permesso di divulgare lo stato di salute dei nostri ghiacciai.


Ci racconta della mostra, che sarà esposta in Vallarsa, al Museo della civiltà contadina di Riva dal 17 al 31 agosto in orario 9-12 15.30-19 (tutti i giorni escluso lunedì), Christian Casarotto glaciologo del MuSe che ha ideato e curato l'esposizione.
 




La riuscita del progetto è stata garantita dalla partecipazione di importanti enti ed istituzioni che operano nel campo glaciologico: Comitato Glaciologico Italiano, Fondazione Montagna sicura - Montagne sûre, Servizio Glaciologico Lombardo, Servizio Glaciologico Alto Adige, Comitato Glaciologico Trentino della SAT, ARPA Veneto e Unione Meteorologica Friuli Venezia Giulia, con il supporto di Carlo Baroni e Claudio Smiraglia.
Con gli obiettivi di favorire anche la frequentazione e la ri-scoperta della montagna, non sono state fornite indicazioni sul punto degli scatti fotografici. Il progetto, quindi, è diventato anche un gioco per ritrovare gli stessi punti da cui fu scattata la foto storica.
I risultati
Sono state archiviate 173 fotografie di 70 autori diversi. Il ghiacciaio più fotografato è stato quello dell’Adamello – Mandrone e, fra tutte le provincie alpine, la maggior parte delle fotografie sono state scattate osservando i ghiacciai trentini.
Con il contributo di Fabiano Ventura sono stati selezionati i migliori confronti fotografici e, da questi, il Comitato Scientifico ha condotto le valutazioni quali – quantitative relative al ritiro glaciale e alle modificazioni del paesaggio che emergevano a seguito del confronto.
I confronti fotografici confermano l’attuale situazione di forte regresso che il glacialismo alpino vive ormai in maniera quasi continuativa da 30 anni. Ghiacciai che si frammentano in apparati più piccoli, isole rocciose che emergono dal ghiacciaio, copertura detritica sempre più estesa, limite della vegetazione che sale di quota colonizzando nuove aree, percorsi alpinistici che con il variare dell’estensione glaciale cambiano di percorso evitando nuove aree crepacciate o aree detritiche instabili, sono gli elementi che emergono dal confronto, sottolineando come la montagna stia rapidamente cambiando.
Un forte cambiamento, questo, di cui è necessario far prendere consapevolezza all’intera società al fine di gestire un delicato territorio per una frequentazione intelligente e sicura. Il ghiacciaio è la nostra ricchezza e l’evoluzione del genere umano non può in alcun modo essere separata dalla sua conservazione.

sabato 19 luglio 2014

Terre coltivate, i paesaggi agrari del trentino in mostra in Vallarsa


TERRE COLTIVATE
Storia dei paesaggi agrari del Trentino

Teatro Tenda di Raossi, Vallarsa – dall’8 al 24 agosto 2014



Con la mostra “Terre coltivate” la Fondazione Museo storico del Trentino prova a rappresentare le continuità e i cambiamenti che hanno riguardato il territorio. Quella parte di territorio “usata” per garantire il sostentamento della popolazione e per trasformare l’agricoltura in uno dei fattori principali dell’economia trentina. La grande diversità dei terreni che connota il Trentino e l’intervento umano sul territorio hanno contribuito a disegnare una fitta trama di paesaggi agricoli la cui lettura interpretativa è in grado di farci comprendere le diverse “unità paesaggistiche” che la
compongono. Data l’importanza del tema, la ricchezza delle informazioni presenti e la rilevanza anche attuale degli argomenti trattati, la Fondazione Museo storico del Trentino si è avvalsa della collaborazione di partner di grande reputazione scientifica, in modo particolare dalla collaborazione della Fondazione Edmund Mach.
La mostra “Terre coltivate. Storia dei paesaggi agrari del Trentino” racconta in venti grandi pannelli le unità paesaggistiche che compongono oggi il Trentino e quali trasformazioni le hanno rese possibili: il vitigno, il meleto, la cerealicoltura, l’orticoltura, la castanicoltura, il noceto, l’oliveto, l’alpicoltura, la selvicoltura e le unità paesaggistiche scomparse come la gelsicoltura, il grano saraceno, la tabacchicoltura. Il percorso espositivo è curato da Giuseppe Ferrandi, Annibale Salsa, Sergio Ferrari Alessandro de Bertolini e Roberta Tait. Si tratta della versione itinerante di un allestimento più ampio, esposto a Trento alle Gallerie di Piedicastello da ottobre 2013 a giugno 2014. Presso la biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino, a Trento in via Torre d’Augusto 35/41, e nelle librerie è disponibile il catalogo della mostra (15 euro, 228 pagine, edizione Museo storico del Trentino).

Come è stato possibile il cambiamento?
Nel corso di alcuni secoli, prima in modo graduale poi attraverso le grandi accelerazioni del ’900, il territorio del Trentino è stato domato, addomesticato, piegato in un certo senso agli interessi dell’uomo per il soddisfacimento dei bisogni primari e del sostentamento. É mutato un paradigma; da terre incolte a terre coltivate. Il fondovalle, i terreni lungo l’alveo dell’Adige, le valli, i pendii, i versanti, il bosco, gli alpeggi: territori che hanno cambiato volto in ragione – in funzione – dell’intervento umano finalizzato. Il cambiamento è stato decisivo. Un “movimento di paesaggi” che si è basato sulla relazione tra la condizione dell’ambiente fisico e del clima, gli scopi e le caratteristiche degli uomini operanti singolarmente o in piccoli gruppi sul territorio, le azioni e gli orientamenti più generali delle comunità e degli organi di governo. Alla base, lo sforzo individuale e collettivo di dare risposta alla domanda sempre crescente di cibo e di prodotti dovuta all’aumento della popolazione e a motivi commerciali.

Da nomadi a stanziali
La vite, il melo, il gelso, le piantagioni di tabacco, i cereali, gli orti, l’oliveto, il pascolo di montagna e la selvicoltura fino al noceto e al castagneto e così via. Il Trentino delle terre coltivate. Ma una volta? Migliaia di anni fa – lo definiscono come neolitico, l’ultimo dei periodi dell’età della pietra – l’uomo decide gradatamente di passare dalla vita nomade alla condizione stanziale. Che significa: da raccoglitore a coltivatore e da cacciatore ad allevatore. A questo periodo risalgono l’invenzione dell’aratro e pure i primi insediamenti in valle dell’Adige. Con il sedentarismo si pongono le basi future per lo sviluppo delle civiltà: dal modello agricolo di sussistenza ai modelli di agricoltura tradizionali fino ai recenti comparti industriali su scala internazionale e di mercato. Un computo di tappe, fasi, momenti, scansioni. É la difficile ricerca nel Trentino delle terre coltivabili in pianura e sui versanti.

La trasformazione nel Trentino del ‘700 e dell‘800
Hanno reso possibile la trasformazione alcuni principali fattori di innovazione in un percorso di senso che è stato storico, culturale, sociale, economico, scientifico, agrario, politico e istituzionale. Come con le bonifiche di fondovalle e i dissodamenti sui monti. Le prime bonifiche risalgono alla seconda metà del ’700
con Maria Teresa, imperatrice d’Austria, per il risanamento di ampie aree paludose in val d’Adige. Seguono i lavori nelle paludi della Valsugana e in varie altre zone. La sfida più difficile consiste nel raddrizzamento dei maggiori corsi d’acqua nelle valli. Ultimi decenni dell’800. É il caso del fiume Adige e altri come il Brenta o il Fersina. In montagna, sui versanti, si procede invece a “educare” i pendii con i dissodamenti, gli esboschi, gli espietramenti e mediante l’intensificazione di una pratica antica, quella dei terrazzamenti: muri a secco, gradoni, ciglioni erbosi, ripiani con forme ed estensione differenti. Dove sussiste infine il problema della siccità, gli interventi dell’uomo riguardano la canalizzazione delle acque per portare la “linfa vitale” ai campi. Della fine dell’800 è anche l’aumento delle conoscenze e delle specializzazioni in materia agraria. Nasce così l’Istituto agrario di San Michele all’Adige, nel 1874, anche in risposta ai gravissimi danni delle nuove patologia (oidio, peronospora, filossera, ecc.) che causano gravi carestie e grandi difficoltà.

Il passaggio al modello agricolo industriale
Tra i fattori di innovamento ci sono anche il modificarsi delle strutture proprietarie, la nascita dei primi consorzi irrigui, nuove forme di organizzazione nel lavoro, la cooperazione, l’imprenditoria privata, il sostegno pubblico all’economia, la codificazione di nuovi strumenti normativi, il mercato libero europeo. Soprattutto, l’impatto tecnologico e il boom economico nella seconda metà del ’900. Siamo al ruolo della meccanizzazione, quando l’uomo si libera dalla schiavitù del bestiame per lavorare la terra. A partire dagli anni ’60/’80 svolgono una funzione fondamentale l’utilizzo della chimica e della ricerca scientifica nella lotta antiparassitaria. In virtù di questi fattori, la produzione agricola in Trentino aumenta portando alla luce insieme agli aspetti positivi anche le criticità legate alla dimensione industriale delle coltivazioni, delle infrastrutture, delle monocolture, della frutticoltura intensiva, dell’uso degli agrofarmaci. Crescono così nel tempo nuove sensibilità sulla tutela dell’ambiente e del paesaggio ed emergono le coltivazioni biologiche, biodinamiche, nuovi scenari, nuovi soggetti, nuove frontiere. Compresa l’incertezza sui cambiamenti climatici in atto. Il Trentino coltivato del futuro si misura inevitabilmente con la capacità di comporre un numero sempre crescente di interessi e di nuove categorie di portatori di interesse.

La mostra non è un’enciclopedia. L’obiettivo dell’iniziativa è la divulgazione. Con la speranza di restituire al grande pubblico e al mondo delle scuole un tema decisivo per la storia del Trentino.

giovedì 17 luglio 2014

Con la macchina fotografica lungo il fronte. La mostra di Massimo Falqui Massidda

SENTIERO DI PACE. 1914-2014.
Viaggio lungo il fronte restituito alla natura
di Massimo Falqui Massidda

 Teatro tenda di Raossi, Vallarsa – dal 2 al 31 agosto



La guerra come la scheggia in una mano stà racchiusa nell’immensità della montagna. Non si manifesta negli altari o nei monumenti ad eroi involontari, trasformati in simboli per nuove guerre, dove la patina del tempo viene accuratamente rimossa, ma nelle tracce nascoste ormai parte del mondo silenzioso della Natura. Trincee di pietra, ferro arrugginito come rami spezzati, grotte che danno riparo agli animali. Le storie di giovani, periti nel sangue, vengono narrate dai torrenti e dal vento nelle notti ad alta quota. I ghiacci scoprono quella scheggia che duole ancora nel cuore dei monti. E così l’ipocrisia dell’uomo viene coperta come da un manto che, per chi vuole ascoltare, tutto lascia trasparire.
La guerra, l’orrore così lontano per la nostra società, non potrà essere compresa nel suo profondo. Solo le storie cantate dai boschi e dalle vette, nostri avi e padri, la mantengono viva, trasmutata in leggenda. Il contatto con questo mondo, l’esperienza della montagna, è la nostra possibilità di non dimenticare per vivere la Pace.



58 giorni di cammino. 1060 chilometri percorsi. 52.642 metri di dislivello in salita e 54.458 in discesa. Questo è il Sentiero della Pace. Un percorso storico lungo il confine tra Italia ed Impero austro-ungarico allo scoppio della Grande Guerra. Lo scopo del progetto è stato dunque ricollegare materialmente questo cammino attraverso un trekking a piedi, trasformando così il fronte immobile, da luogo di violenza ed orrore, in un viaggio nella meraviglia del paesaggio delle nostre montagne. Partendo da Livigno si attraversano le catene montuose di Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli per poi, percorrendo il tratto dell’alto Isonzo in territorio sloveno, giungere al mare presso Monfalcone.

martedì 15 luglio 2014

La mostra di Claudio Fabbro sul sentiero della Pace

LA GRANDE GUERRA E LA MEMORIA DEL TERRITORIO LUNGO IL SENTIERO DELLA PACE
di ,Claudio Fabbro

 Teatro tenda di Raossi, Vallarsa – dal 2 al 31 agosto




La Grande Guerra, è stato l’evento epocale che ha segnato per sempre il subconscio collettivo della gente di montagna trentina e sudtirolese: Alpini e Standschützen, spesso in pace solo separati dallo stesso spartiacque vallivo, si ritrovarono nemici.
Costituisce patrimonio di molte culture il credere che sui luoghi del martirio e della sofferenza dell'uomo qualcosa nell'aria, o nello spazio, rimanga come sospeso nel tempo. Il Sentiero della Pace consente, all’animo sensibile del viandante assetato di conoscere, di rintracciare questa eco con quanto di inumano e doloroso, ma anche eroico e sublime di quel tempo rimane.
Noi, uomini d'oggi, nel percorrere questo confine fronte, avvertiamo l'eco lontana di quell’evento, eco che la gente di montagna ha sempre sentito e custodito. E' la montagna stessa, con le sue forme e i suoi segni, che può diventare voce narrante.
Prima ancora che gli storici descrivano le battaglie è il territorio montano che colpisce l'immaginario popolare e questo già durante la guerra.
Ortles, Adamello, Coni Zugna, Pasubio, Altipiani, Ortigara non saranno più solo montagne, o nomi di vie cittadine, ma simboli prima del dolore e poi del mito.
Il Sentiero della Pace è un percorso di 520 Km che collega i luoghi e le memorie sul fronte meridionale della Grande Guerra.
L’intero tracciato percorre quello che un tempo era noto come “Saliente Trentino” vera spina nel fianco per lo schieramento nord-occidentale dell’esercito Italiano, dallo Stelvio alla Marmolada. Negli anni che precedettero la guerra vi fu una vera e propria “escalation” militare a ridosso della linea di confine che fu fortificata da entrambi i contendenti. Durante il conflitto, con le variazioni della linea del fronte, le strutture furono integrate ed estese a fascia sul territorio con enorme impegno economico ed umano. Si trattò di una colossale messa in opera del territorio montano tale da non aver uguali né prima né dopo il grande conflitto: forti, capisaldi, strade e mulattiere di arroccamento, e trincee …. che rimangono ancora oggi, insegnamento per tutti, sulle nostre montagne.
Il Sentiero della Pace costituisce il filo conduttore, l’asse portante per la memoria storica del Trentino - Sud Tirolo e della sua gente e può esserlo per celebrare nel modo corretto anche il centenario: la memoria del territorio è cruda, diretta, non mente e non si presta a sterili polemiche.
Quello che differenzia il Sentiero della Pace da altri, pur famosi, tracciati a lunga percorrenza, è la sua forte componente emotiva che invita alla riflessione, alla comprensione ed all’introspezione.



buona memoria, sul Sentiero della Pace                                                       Claudio Fabbro

mercoledì 9 luglio 2014

"La masseria delle allodole":un ritorno d'emozioni. Il racconto di Antonia Arslan

Quando è nata l’idea di scrivere “La masseria delle allodole” e come l’ha composto?
Più che un’idea è stato un ritorno di emozioni, di ricordi tramandati in famiglia, di un recupero di tutta la tematica e l’identità armena, attraverso i racconti di mio nonno e la traduzione delle poesie di Daniel Varujan. Mi sono immersa nella lettura di questo grande poeta per un anno e tutto è improvvisamente tornato presente, tutti i colori, gli odori, i suoni, le emozioni di questa patria perduta, come la raccontava il nonno, ed improvvisamente ho sentito la necessità di iniziare a scrivere. Di tirare fuori questo cumulo di dolore e di vita perduta.


Il luogo dove l’orrore si concretizza, la masseria, esiste realmente? Ha mai potuto andare a vederla?
No purtroppo, non sono mai andata a vedere quei luoghi. Con la cacciata e la morte degli armeni turchi, tutte le tracce di quella civiltà antica di 2500 anni sono state eliminate completamente. Tutto quello che avevano costruito, parlo delle magnifiche chiese, delle scuole, dei villaggi è stato cancellato. Anche la piccola città da cui proveniva mio nonno è stata distrutta e non ne rimane nulla.
Sono rimaste solo le chiese più grandi, o i piccoli insediamenti isolati, costruiti in territori troppo difficili da raggiungere si sono potuti preservare. Tutto il resto è stato coscientemente distrutto.

Pensa che andrà mai a vedere quei luoghi?
No, non credo. Io sono andata più volte in quella che ora è l’Armenia indipendente, quella piccola parte dell’antico territorio abitato dagli Armeni che si trovava durante la Prima Guerra Mondiale sotto gli Zar di Russia, l’Armenia montagnosa, che non è quella da cui noi proveniamo. Nei posti da dove proviene la mia famiglia non sono ancora andata, e credo che non andrò mai. Penso che questo mio rifiuto sia in gran parte dettato dalla memoria traumatica trasmessami dai racconti di mio nonno.

Nel libro la violenza scoppia improvvisa, lacerando la quotidianità lenta e tradizionale di quei luoghi. È stato davvero tutto così improvviso? Non ci sono state avvisaglie di quello che stava per succedere?
In realtà qualcuno capì. Come nel caso della Shoah ebraica, vi furono persone che compresero fino in fondo la situazione e capirono che fosse meglio andarsene, ma furono una minoranza. In fondo nessuno ha voglia di andarsene da casa propria, si tende sempre a sottovalutare l’entità di questo tipo di minacce. Era già successo altre volte alla comunità armena turca di vivere brevi periodi durante i quali alcuni venivano uccisi, altri espropriati dei loro averi, ma senza un piano preciso, un disegno; ed alla vigilia dell’inizio dell’eccidio armeno, molti credettero che si stesse per vivere un’altra di queste tempeste passeggere.
Gli armeni turchi, che abitavano quell’ampia zona di pianure che si estendono ad est del monte Ararat, il monte sacro della comunità Armena, erano in prevalenza contadini, e quindi legati alla terra ed ai suoi ritmi, e solo i più timorosi decisero di abbandonare i campi per andarsene.
Poi, bisogna ricordare che l’eccidio degli Armeni fu il primo sterminio di massa del XX° secolo. Nessuno poteva pensare che sarebbe successo qualcosa del genere. Esattamente come nel caso della Shoah, fu inoltre un eccidio compiuto senza bagni di sangue, ma con un progetto ed una programmazione scientifica, che limitò anche la risonanza delle notizie legate alle morti. Il governo dei Giovani Turchi, di stampo estremamente nazionalista, si prefiggeva nel suo programma l’eliminazione di tutte le minoranze etniche interne alla Turchia: Armeni principalmente, i Greci e gli Assiri, discendenti degli antichi Assiri.



Fu una prova generale della Shoah?
Esattamente. Bisogna ricordarsi che durante la Grande Guerra, la Germania era alleata della Turchia, e durante l’eccidio, vennero forniti ufficiali di raccordo tedeschi per gestire le operazioni di sfollamento. Tutti i metodi di sterminio usati in seguito dai nazisti sugli ebrei, vennero provati prima, magari con modalità più “artigianali”, dai Turchi nei confronti degli Armeni.
Hitler in persona disse la famosa frase: “Possiamo fare quello che vogliamo, chi si ricorda oggi del massacro degli Armeni?”



Lei è stata educata all’italiana in gioventù, e, almeno da quello che traspare nel libro, suo nonno per un lungo periodo cercò quasi di dissimulare le sue origini armene. Quando ha riscoperto la cultura armena?
In realtà non fu una rimozione, ma più che altro un oblio, l’abbandono delle tradizioni armene. Noi eravamo nati in Italia, mia madre era Italiana e sebbene avesse una grande simpatia per il parentado armeno, questo era sparso per tutto il mondo e venivano in visita raramente. Vivendo a Padova, capitava due volte all’anno all’incirca di avere contatti con la comunità Armena insediata fin dal ‘700 sull’isola di Lazzaro a Venezia, da allora chiamata San Lazzaro degli Armeni, ma più di questo non avevo reali contatti con le mie radici culturali.
Poi, piano piano, grazie alla mia curiosità per la cultura Armena ed ai racconti di mio nonno e mia zia Henriette, sopravvissuta al genocidio ed a cui è dedicato il libro, mi sono sempre maggiormente interessata alla grande ingiustizia del popolo Armeno, non solo cacciato dalla propria terra, espropriato di tutto e sterminato, ma anche dimenticato e negato dalle autorità Turche. Capii che potevo, anzi dovevo, raccontare quello che era accaduto.

Qual è lo stato attuale della comunità Armena in Italia?
La comunità Armena è composta da pochissime migliaia di persone, si parla di 2000, massimo 3000 persone, sparse in molte città diverse. Tutti gli Armeni che si rifugiarono in Italia dopo il genocidio, poi vennero mandati in Francia dove la comunità era molto più ampia ed i bambini potevano anche frequentare scuole armene e non perdere la conoscenza della lingua. Solo a Milano c’è una reale comunità coesa e organizzata attorno ad una piccola chiesa di culto Armeno e poi c’è la comunità dell’isola di San Lazzaro a Venezia e nient’altro.

A quasi cento anni dal genocidio, come sono attualmente i rapporti tra Armeni e Turchi?
I rapporti sono in piena evoluzione. Nelle scuole Turche il genocidio Armeno viene negato per legge, quindi le giovani generazioni crescono non potendo conoscere nulla di ciò che successe. Però la società civile, in particolare ad Istanbul ed Ankara è sempre più sofferente nei confronti di questo negazionismo cieco che conserva gli scheletri nell’armadio ma fa star male tutti. Molti, anzi tutti sanno quello che è successo, questo enorme buco nero che ha inghiottito un milione e mezzo di persone. Non è possibile non saperlo. Molti poi hanno una nonna Armena, una delle donne deportate che divennero poi membri di famiglie Turche. Sempre più professori universitari, poi, iniziano a parlare liberamente dell’argomento, dato che il sistema universitario Turco è quasi interamente privato e quindi non sottostante alla legislazione nazionale.
È quindi una situazione in rapida evoluzione e sempre più giovani Turchi sanno con esattezza quello che è successo, si scusano e si dispiacciono. D’altro canto, prima che questo movimento possa arrivare anche alle alte sfere del governo dovrà passare del tempo. Tuttavia, lo scorso 24 aprile, il giorno della memoria e del lutto per il popolo Armeno, il premier Erdogan, forse in previsione della propria candidatura a presidente della Repubblica, ha affermato in un comunicato ufficiale che il popolo Armeno “ha molto sofferto”. Non è ancora un’ammissione, ma è senza dubbio un passo avanti. 

Le comunità potranno mai riappacificarsi?
Io credo di sì. Scoprire qualcosa che è rimasto sepolto è come aprire il vaso di Pandora: una volta aperto diventa difficile richiuderlo e le comunità saranno sempre più obbligate a fare i conti con il passato e chiudere questa pagina dolorosa.

Grazie mille per l’intervista e non vedo l’ora di poter sentire il suo intervento durante il convegno  “Identità in bilico. Narrare il mondo con gli occhi delle etnie respinte”  che si terrà in Vallarsa il 22 agosto, giornata che “Tra le Rocce e il cielo” dedica alle lingue madri.
Grazie a lei e arrivederci al Festival.


Riccardo Rella
riccardo_rella@yahoo.it

giovedì 3 luglio 2014

Tra le Rocce e il Cielo, il festival torna in Vallarsa dal 21 al 24 agosto

TRA LE ROCCE E IL CIELO, il Festival della montagna vissuta con consapevolezza torna in Vallarsa dal 21 al 24 agosto

Mostre, film, incontri, uscite sul territorio, convegni, laboratori, concerti, spettacoli, presentazioni di libri arricchiranno i quattro giorni della manifestazione - organizzata dall'associazione culturale Tra le rocce e il cielo in partnership con Accademia della montagna del Trentino - che si svolge nel suggestivo e incontaminato ambiente della Vallarsa (TN), all'ombra delle Piccole Dolomiti.



L’architettura di montagna e i cambiamenti climatici, l’identità delle etnie respinte, il centenario della Grande Guerra e la relazione tra uomo e natura saranno gli argomenti principali del Festival che si svilupperà su quattro giornate dedicate rispettivamente all'arte e alla vita in montagna, alle lingue madri e alla storia.

Tra gli spettacoli proposti ve ne sarà uno dedicato alla Grande Guerra, che metterà in scena le testimonianze dei soldati trentini nel conflitto. La tensione energetica tra luna e acqua e il rapporto tra la natura e l’uomo verranno indagate in un testo drammaturgico e in un performance di danza curata dall’associazione Elementare.

Il concerto “12 canti per 12 lingue” accompagnerà lo spettatore in un appassionante cammino per le strade delle 12 lingue minoritarie della nostra nazione.



Il convegno “Abitare la montagna che cambia. Dai mutamenti climatici ai nuovi modi di vivere i territori alpini” tenterà di spiegare perché il clima sta cambiando e come ne risente la montagna, e indagherà le prassi e le tecnologie per tornare ad abitare, in modo responsabile e sostenibile, in alta quota. Con il meteorologo Luca Mercalli si parlerà degli scenari climatici futuri, e di cosa ognuno di noi può fare per aiutare il nostro pianeta in questa complessa fase di trasformazione dell’ecosistema.
Nel convegno “Identita' in bilico. Narrare il mondo con gli occhi delle etnie respinte” verrà affrontato lo spinoso tema del rapporto conflittuale stato nazione - identità etnica minoritaria. Interverranno esponenti dei gruppi etnici cimbri, mocheni, ladini, occitani e walser, curdi, tibetani, armeni e tedeschi dei Sudeti.

Ci saranno incontri con scrittori di montagna e con alpinisti e ci sarà una tavola rotonda - recital sul ruolo della donna nella Grande Guerra.

Il programma di tra le Rocce e il cielo - visitabile sul sito www.tralerocceeilcielo.it -  comprende escursioni, tra le quali una passeggiata sonora, un itinerario artistico letterario, un percorso nei luoghi del primo conflitto mondiale e uno sul Sentiero della pace, e numerose mostre - storiche, pittoriche e fotografiche - allestite nella valle. 

Non mancherà una rassegna cinematografica e verranno premiati i vincitori del concorso fotografico "Abitare la montagna". Non mancheranno laboratori per i più piccoli che potranno giocare con le lingue madri e con le energie rinnovabili.



Stefania Costa