La Provincia Autonoma di Trento, nel corso degli anni, ha migliorato le sua capacità di intervento a sostegno delle popolazioni colpite da calamità. In seguito alla tragedia del terremoto in Nepal, la Provincia si è mobilitata con una campagna di raccolta fondi e con stanziamenti pubblici. Luciano Rocchetti ci racconta come si sta intervenendo e quali progetti si ha in mente per il futuro di quell'area.
Luciano Rocchetti. |
Dottor Rocchetti, di cosa si occupa in Provincia
di Trento?
Dal 2000 sono il
responsabile del settore Solidarietà Internazionale, all’interno del servizio
per l’emigrazione e la solidarietà internazionale. Ci occupiamo di tutti i
progetti di cooperazione e sviluppo con i paesi in via di sviluppo. Siamo
attivi in America Latina, Africa e Asia.
Riguardo al Nepal, che tipo di reazione c’è stata
sul momento? Che tipo d’interventi?
La reazione è stata
immediata: il terremoto ha avuto luogo il 25 aprile, il conto corrente per la
donazione è stato aperto due o tre giorni dopo. Ci sono state anche circostanze
fortuite che hanno contribuito a rendere così rapido l’intervento:
l’elicotterista della Protezione Civile Pierluigi Rosati era già presente in
Nepal per istruire i soccorritori del luogo, e quando c’è stata la prima scossa,
si è subito attivato per un mese. Questa reazione è stata così rapida
soprattutto perché non abbiamo “scoperto” il Nepal con il terremoto: c’era già
una forte presenza di associazioni di volontariato e cooperazione nella zona da
parte di trentini. Nello specifico, sette associazioni erano e sono già
presenti e affermate, chi da un anno e chi da quasi dieci. Siamo intervenuti,
quindi, non su un territorio “vergine” e allo sbaraglio, ma conoscendo il
contesto e appoggiandoci a realtà radicate. Gli interventi, infatti, sono
ravvicinati fra loro e concentrati nell’area dove il terremoto ha avuto il
maggior impatto, e contemporaneamente dove le associazioni erano già presenti. In
più, il legame col Nepal è forte per via della montagna, quindi meta di molte
spedizioni alpinistiche. La necessità di intervenire è apparsa subito evidente
anche per via dei molti trentini che si recano lì per alpinismo. A questo proposito, vorrei rievocare la memoria dei tre alpinisti trentini morti nel terremoto: Oskar Piazza, Renzo benedetti e Marco Pojer. Il loro ricordo è uno degli elementi motivanti dell'impegno Trentino.
Esiste un “modello” trentino di solidarietà?
Non mi spingerei fino a
chiamarlo “modello”, perché si può sempre migliorare, però il Trentino è
intervenuto in numerose occasioni come il Nepal: penso all’Aquila, ad Haiti,
allo tsunami nel sud-est asiatico, e alle Filippine. Tutte queste esperienze ci
hanno fatto consolidare un modo di intervenire basato sul fare rete e sul
rapporto con le realtà locali e con le associazioni che già operano lì, che
hanno rapporti con la popolazione e le autorità locali. Direi che gli elementi
fondamentali sono, da un lato, il fare rete qui, in Trentino, fra tutte le
realtà sociali ed economiche, e di privilegiare interventi che si appoggino su
realtà affermate, non mettendo soldi sull’onda dell’emozione, ma seguendo
esperienze pregresse, e competenze specifiche. Ovviamente, subito dopo il
terremoto, c’è stato un proliferare d’interventi, di generosità e
finanziamenti, ma, come spesso accade, con interventi frammentari e non coordinati:
con un po’ di orgoglio il Trentino, invece, ha dimostrato ancora una volta un
intervento più consolidato.
Come si è riflessa quest’esperienza acquisita nel
progettare l’intervento in Nepal?
Tutta questa esperienza è
stata messa a frutto, come ho detto, innanzi tutto facendo rete. È stato subito
istituito un tavolo: in esso sono presenti imprenditoria, sindacati,
volontariato, tutte le associazioni già presenti in Nepal, e la Protezione
Civile. Questo tavolo Trentino-Nepal ha elaborato un protocollo d’intesa su
come raccogliere e utilizzare i fondi: c’è una commissione che esamina i
progetti, che devono essere legati a realtà in cui le associazioni operano già,
ma in cui nessuna delle associazioni è rappresentata, in modo da evitare
conflitti d’interesse. In questa commissione di otto persone sono presenti
anche la Caritas e la SAT per l’esperienza che possono portare da un lato sul
volontariato, e dall’altro sull’alpinismo e l’intervento in zone di montagna. Nessuna
di queste associazioni ha presentato progetti sul Nepal, sempre per evitare
conflitti d’interesse: il compito di questa commissione è decidere, sulla base
dei progetti presentati, dove e come spendere i soldi del conto corrente.
Come siamo messi con la raccolta fondi?
Sul conto corrente, con
finanziamenti e donazioni private, sono stati raccolti circa 100.000 euro.
Oltre a questi, 50.000 euro sono stati stanziati dalla Provincia, quindi con
fondi pubblici. È importante sottolineare che questi fondi, per decisione del
tavolo, non possono essere impiegati per spese correnti, ma solo per la
fornitura di beni e servizi: tutti i soldi vanno al progetto e all’intervento
diretto. Ancora è presto per fare una valutazione d’impatto sugli interventi,
però verrà fatta in futuro.
Fino a quando c’è tempo per donare, e come valuta
la quantità di denaro raccolta?
Il conto corrente sarà
aperto fino a dicembre. Personalmente sono soddisfatto dei fondi raccolti: se
pensiamo che siamo in un periodo di crisi, e tirar fuori venti o cinquanta euro
non è esattamente banale, aver raccolto 100.000 euro in donazioni private in
così poco tempo è più che soddisfacente. Poi teniamo conto che questi sono
soltanto i fondi raccolti per gli interventi che deciderà il tavolo
Trentino-Nepal: le varie associazioni che sono presenti sul territorio nepalese
continuano la loro regolare attività di raccolta fondi, quindi i soldi raccolti
per quest’emergenza sono molti di più. Questo è anche importante perché
l’intervento della Provincia non vuole sostituirsi o imporsi alle associazioni,
tutt’altro: vuole aiutare e dare una cornice comune, ma è giusto che le
associazioni che operano sul territorio proseguano con la loro attività
autonoma.
Che tipo d’interventi sono stati finanziati fino
ad ora?
Fino ad ora gli
interventi finanziati sono cinque, per un totale di circa 90.000 euro. Questi
sono quasi tutti interventi di primissima emergenza: abbiamo la costruzione di
campi con tende, la distribuzione di cibo, vestiti e coperte, e la
distribuzione di generatori per l’energia elettrica. Un solo progetto è più
“ibrido”, a metà fra la prima e la “seconda” emergenza: si tratta della
distribuzione di fabbricati da assemblare in loco, quindi di materiali già
pronti per essere assemblati e trasformati in rifugi. Questo progetto, però, è
importante perché è indirizzato a una comunità tibetana in esilio: queste
persone non sono riconosciute dal Nepal, quindi non hanno documenti e, in
queste situazioni di crisi vivono una doppia emergenza.
Che tipo d’interventi ulteriori sono in programma?
L’idea della commissione
è stata quella di destinare metà dei fondi raccolti a questi interventi di
primissima emergenza, e l’altra metà a interventi di ricostruzione. Ad oggi il
rapporto non è esattamente della metà, ma come ho detto c’è tempo fino a
dicembre per donare e raccogliere altri fondi. L’idea, per gli interventi di
ricostruzione, è quella di non sparpagliare i fondi su più progetti ma di
concentrarsi su un solo progetto, probabilmente di natura infrastrutturale, che
sia importante per le popolazioni locali e che sia anche “simbolico” e faccia
capire in maniera tangibile la vicinanza del Trentino al Nepal. Sarebbe bello collegare
la valle del Langtang, con un ponte o altri interventi infrastrutturali: questa
valle è stata particolarmente sentita, e vi sono morti alcuni alpinisti
trentini. Speriamo di poter decidere in maniera definitiva su questo progetto
in settembre-ottobre.
Come sono i rapporti con le autorità locali?
La Provincia in quanto
tale non ha rapporti diretti con le autorità nepalesi. Le associazioni che
operano in loco, d’altro canto, sono quelle che si rapportano con il governo
locale, e hanno già rapporti consolidati. Queste associazioni raccontano di una
realtà molto variegata, anche se nel complesso l’impressione è positiva. Certo,
come sempre in questi casi, ci sono stati episodi di eccesso di burocrazia,
incomprensioni e, talvolta, anche corruzione. Il bilancio complessivo, però,
sembra positivo.
Che progetti ci sono dopo dicembre, quando
l’intervento del tavolo sarà esaurito?
In primo luogo, le
associazioni che operano nella zona andranno avanti a lavorare, e questa è la
prima e più importante garanzia di continuità. A oggi non c’è, però, una
decisione della Provincia di continuare a collaborare oltre la durata del
tavolo Trentino-Nepal.
Che tipo di consiglio darebbe a chi volesse
aiutare?
In primo luogo, direi
sempre di approfondire, capire e informarsi. La solidarietà non è solo
generosità, è un fatto di relazione: è più facile donare sull’onda delle
emozioni e poi disinteressarsi, mentre queste occasioni devono soprattutto
servire per capire e scoprire il mondo che ci circonda.
Per chi volesse donare al fondo istituito dal Tavolo Trentino-Nepal, il codice IBAN è IT12S0200801820000003774828, causale “Fondo Nepal” presso l'Agenzia Trento Galilei di UniCredit S.P.A..
Con Luciano Rocchetti, Kurt Diemberger, Mario Corradini e Omar Oprandi parleremo del terremoto del Nepal, di alpinismo e solidarietà, la sera di sabato 22 agosto, alle ore 21:00, al tendone di Riva di Vallarsa. Coordineranno la serata Roberto Mantovani e Filippo Zolezzi. Arrivederci in Vallarsa.
Ludovico Rella ludovico_rella@yahoo.it
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