Il
Corou de Berra lavora e sperimenta con la tradizione del canto polifonico delle
Alpi meridionali. Fondato quasi per gioco nel 1986, il coro è diventata una
delle realtà più attive del panorama musicale nizzardo. Il gruppo ha prodotto
numerosissimi dischi, centinaia di concerti, ricerche e collaborazioni
artistiche, tra le quali quelle con Francis Cabrel, André Ceccarelli, Antonella
Ruggiero, Gianmaria Testa e il compositore Étienne Perruchon.
"La
montagna separa le acque e unisce gli uomini". Questo detto delle Alpi
meridionali illustra perfettamente il lavoro del gruppo. Per secoli, gli scambi
tra Provenza, Nizza, Piemonte e Liguria hanno creato una realtà notevole, ricca
delle molte identità specifiche delle Alpi meridionali. Una di queste realtà
artistiche è il canto corale, che in questa regione alpina ha sviluppato
un'originale e ricchissima tradizione di polifonia vocale.
Grazie
alla loro presenza sul territorio, alla ricerca sul patrimonio culturale, ai
loro dischi, alle creazioni musicali ed ai molti concerti, i sei cantanti del
Corou de Berra hanno da sempre dato a questa specifica espressione artistica
regionale un presente vivace e dinamico.
Il
Corou de Berra ha collaborato anche a Dogora, film di Patrice Leconte, con le
musiche di Étienne Perruchon.
Prima
di tutto, Claudia, parlaci di te: quando sei entrata a far parte del gruppo?
Sono poco più di 10 anni che
sono entrata nel gruppo. Sono nata a Bordighera, vicino a Mentone, a pochi
chilometri dal confine. Abbiamo sede a Berre-les-Alpes, Berra, nell’entroterra
nizzardo, ma tutti abitiamo a Nizza o nell’immediato entroterra.
Il
Corou de Berra è cambiato molto nel corso degli anni, giusto? Raccontaci la
storia del gruppo
Si, il Corou è cambiato molto
nel corso dei suoi quasi 30 anni di storia. Era partito come un coro molto
grande, più di una ventina di persone, poi mano a mano si è ridotto di dimensioni
fino a diventare un gruppo di 6 elementi. Abbiamo lavorato per anni a sei voci,
ed adesso sono due anni che siamo solo quattro voci.
Tutto è cominciato a livello
amatoriale, solo per il piacere di trovarsi assieme e di cantare, non c’era
forse l’intenzione di far rivivere un repertorio tradizionale della zona, ma
solo la voglia di passare del tempo insieme. Poi, mano a mano, si è definito
sempre meglio il progetto di far rivivere il repertorio musicale delle Alpi
marittime del Mediterraneo, di difenderlo e tutelarlo. È stato a questo punto,
quando tutto è diventato più strutturato che mano a mano il gruppo ha iniziato
a sfoltirsi di numero, per mancanza di tempo da poter dedicare ad un progetto
così impegnativo da parte di alcuni. Attualmente, tra i quattro membri del
gruppo ci sono due dei fondatori del progetto, più io ed un altro elemento entrato
nel gruppo successivamente.
Il nostro repertorio è
occitano, anche se sarebbe meglio dire che è nizzardo, che differisce
dall’occitano per via di tutte le influenze che ha avuto nel corso dei secoli
con l’italiano. Cambiano le sonorità della lingua, i modi di dire e le
espressioni, rispetto al ceppo occitano piemontese. Per alcuni versi è molto
ligure, che per noi è anche stata una contaminazione musicale molto importante.
Quando
il gruppo è stato fondato nel 1986 qual era lo stato di conservazione del
dialetto nizzardo? Era ancora parlato o si stava perdendo come è accaduto in
molte altre parti dell’arco alpino?
Sicuramente era un po’ più
parlato di altre lingue locali che hanno vissuto difficoltà nettamente
peggiori. Soprattutto nelle zone di montagna e nei paesi era ancora parlato
diffusamente, anche se con le nuove generazioni si sta progressivamente
perdendo. Attualmente è parlato ancora principalmente dagli anziani e nei paesi
delle zone di montagna. Sicuramente negli ultimi 30 anni la lingua nizzarda è
in perdita di parlanti, come anche in Italia, del resto.
Anche l’interesse per la
lingua ed il dialetto nizzardo si sta perdendo. Poi ovviamente ci sono anche
quelli che, per ragioni di identità culturale, tengono alla conservazione della
lingua, ma senza dubbio è un momento difficile.
Questa
perdita linguistica ha inciso sull’interesse per l’opera del coro?
No, c’è molto interesse per il
gruppo. Questo perché il pubblico del coro ha voglia di risentire canzoni
storiche e tradizionali, c’è chi ci segue per ragioni di riscoperta del
nizzardo o di tutela della lingua, e ci sono molti stranieri che ci seguono
perché sono affascinati dal nostro uso delle armonizzazioni polifoniche. Siamo
sempre accolti con molto interesse e calore ovunque andiamo ed il nostro
pubblico è sempre vasto e variegato.
C’è sempre qualcosa di
speciale nella polifonia, nella bellezza delle voci che si fondono in un’unica
armonia. È alla fine la musica che unisce, ben al di là dell’alveo culturale e
linguistico di cui facciamo parte.
Quando
avete sentito che il gruppo doveva diventare un progetto più strutturato e non
un semplice coro amatoriale?
Io a quel tempo non facevo
ancora parte del gruppo, ma dagli “storici” del gruppo ho saputo che gli
impegni si facevano sempre più fitti e che tutto stava prendendo per conto
proprio forma di un vero lavoro. È stato a questo punto che c’è stata una
“selezione naturale” tra i componenti del gruppo, perché avendo lavoro,
famiglia e impegni differenti, per molti è stato sempre più difficile
conciliare il tutto. Ovviamente con l’aumentare degli impegni pubblici è
cresciuto di pari passo anche l’impegno legato alle prove.
È stato un salto qualitativo
che è venuto da sé, dovuto all’interesse sempre maggiore che il gruppo sapeva
generare ad ogni suo concerto.
Nei
tuoi dieci anni di militanza nel coro, quali sono stati i momenti più
importanti?
Sono stati tanti. Mi viene in
mente quando abbiamo cantato nelle cerimonie per i Giochi Olimpici Invernali di
Torino, nel 2006, dove abbiamo partecipato ad uno spettacolo molto bello,
creato da Gilberto Richiero, un’artista torinese. Era uno spettacolo sulla
storia dei catari, già di per sé molto affascinante, e abbiamo condiviso la
parte musicale con Antonella Ruggiero, uno dei miei idoli vocali.
Poi mi rimangono impresse
tutte le collaborazioni che abbiamo avuto nei nostri dischi come Francis Cabrel
e con altri artisti del jazz francese.
Attualmente
invece quali sono i progetti del gruppo?
Stavamo parlandone giusto
oggi, stiamo lavorando ad un progetto che si chiama “Quattro più uno” e che
vede coinvolti noi quattro con un sassofonista qui della zona, che usa anche
loop station e beat box e che unirà alle nostre vocalità la sonorità del
sassofono ed anche suoni molto moderni e più elettronici. In più stiamo
lavorando sul testo di una messa cantata riscoperta da poco, e che ora stiamo
musicando e producendo per adattarla a quattro voci. Ma soprattutto stiamo
producendo un nuovo disco per celebrare i 30 anni di attività del gruppo,
quindi stiamo componendo e producendo a grande velocità per preparare questa
nuova registrazione.
Questo
nuovo disco sarà una retrospettiva o un lavoro completamente nuovo?
Sarà senza dubbio un lavoro
completamente nuovo, perché penso che sia giusto, per celebrare i 30 anni di
attività guardare al futuro del progetto, anche se ovviamente ci sarà uno
sguardo anche origini del gruppo, magari riarrangiando alcuni pezzi. Penso che
sia giusto, con una storia così lunga, guardare più al futuro che non chiudersi
nel passato. Anche perché sarà un disco che cercherà di armonizzare sonorità
tradizionali a musicalità più moderne o perfino elettroniche. Dopotutto anche
la composizione attuale del coro è una sintesi tra due generazioni, con i due
fondatori ancora membri che rappresentano la scorsa e con me e l’altro
componente che rappresentiamo la successiva. La cosa bella è che sono due cose,
canto tradizionale e suoni elettronici, che si amalgamano molto bene e creano
sonorità molto innovative ed interessanti.
Allora
in bocca al lupo per il vostro nuovo progetto e ci vediamo prestissimo in
Vallarsa!
Crepi! Ci vediamo il 21
agosto!
Il Corou de Berra canterà al
Festival Culturale Tra le Rocce e il Cielo il 21 agosto 2015, nella chiesa
parrocchiale di Riva di Vallarsa. L’inizio del concerto è previsto per le
21.30, a chiusura della giornata delle lingue madri, vi aspettiamo numerosi!
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