lunedì 24 novembre 2014

“MATTI PER LA NEVE La percezione e la prevenzione del pericolo da valanga”

Bollettini delle neve, valutazioni di rischio valanghe, informazioni diramate dal Web, da radio e televisioni e dalla carta stampata. Uso della tecnologia, miglioramento della capacità di autosoccorso. Sembrerebbero soluzione adeguate, le migliori in assoluto per evitare gli incidenti nell’ambiente della montagna innevata. Eppure non basta. La gente continua a rimanere vittima della caduta di valanghe. Anzi, a causa dell’aumento di sci alpinisti e ciaspolatori (sulle Alpi i patiti delle racchette da neve contano 410 mila praticanti, mentre lo scialpinismo vanta circa 200 mila appassionati.) il numero degli incidenti è costante in aumento, anche se il numero dei decessi, grazie anche alla preparazione e all’utilizzo di nuovi e più appropriati strumenti, è sceso rispetto al passato. Tuttavia – cosa che fa riflettere – tra le vittime compaiono anche guide alpine e professionisti della montagna.

Un recente studio, voluto e finanziato dall’Accademia della Montagna, all’interno di un progetto pluriennale dedicato al rischio valanghe che ha coinvolto a vario titolo le università di Trento, Padova e Verona, oltre alla Fondazione Bruno Kessler, ha evidenziato due importanti errori cognitivi rilevabili nel comportamento di quanti decidono di esporsi a situazioni pericolose: l’Overconfidence, cioè la convinzione di sapere più di quanto effettivamente si sappia., e l’attitudine al Risk Taking, ovvero la propensione a mettere in atto comportamenti rischiosi.



Nel primo caso, a detta dei ricercatori, l’errore sarebbe imperniato sull’illusione di poter tenere sotto controllo eventi del tutto accidentali, e inoltre denuncia un eccesso di sicurezza e la pretesa di aver assimilato una conoscenza approfondita dell’ambiente montano. Nel secondo caso, l’errore sarebbe dovuto alla sottovalutazione della probabilità che si possa incorrere in eventi negativi, ma anche alla propensione individuale a mettere in atto comportamenti rischio.

Dunque, secondo i risultati dello studio intrapreso dall’Accademia della Montagna, il comportamento di parte dei frequentatori della montagna invernale a scopo ludico deve essere messo in relazione ciò che avviene nella mente delle persone in determinate situazioni, e avrebbe luogo indipendentemente dalle informazioni in possesso, che oggi risultano essere assai attendibili nel merito. La ricerca ha inoltre dimostrato che più del 70 per cento degli escursionisti della montagna invernale risulta “overconfident” e perciò inconsapevole dei rischi assunti.

Com’è dunque possibile rimediare a una situazione del genere? È sufficiente dar vita a una svolta nel campo della comunicazione e dell’informazione specializzata, oppure bisogna pensare ad altri strumenti? E come si può operare, in termini culturali, per contribuire a mutare atteggiamenti sempre più diffusi nel mondo degli sci alpinisti e dei ciaspolatori. E infine, quali potrebbero essere gli attori da coinvolgere in un’operazione capace di modificare in profondità l’immaginario diffuso dei frequentatori della montagna invernale?

Se ne parlerà a Trento, martedì 2 dicembre 2014, in un convegno internazionale - dal titolo “MATTI PER LA NEVE La percezione e la prevenzione del pericolo da valanga” - a cui sono stati invitati alcuni dei più noti studiosi dei fenomeni valanghivi (tra gli altri è atteso anche Werner Munter, un’autorità indiscussa nel campo delle valanghe), oltre a psicologi cognitivisti, filosofi, alpinisti di fama, tecnici del Soccorso alpino e dell’Aineva, meteorologi, guide alpine e istruttori di scialpinismo.



Durante l’incontro si proverà a ipotizzare un ventaglio di possibili soluzioni a un problema ormai non più dirimibile, visto il trend di frequentazione della montagna innevata al di là dei percorsi battuti e delle piste per lo sci alpino..

Vedi il programma su mattiperlaneve.com

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