Geremia Gios, spesso si parla di
una crisi dei luoghi di montagna, crisi che vuol dire soprattutto spopolamento
e abbandono. In questo quadro come si pone il territorio di Vallarsa? E’
interessato o meno da questo processo?
Sicuramente in tutte le cose ci sono momenti di crescita e
momenti di crisi, e sicuramente in Vallarsa ci sono stati circa cinquant’anni
di diminuzione della popolazione. Ora questo fenomeno si sta esaurendo, il
momento acuto della crisi è passato e quindi le prospettive future sono certamente
più positive.
Quale pensa sia stata
la chiave di volta che ha permesso di rompere il processo di abbandono e
invertire la tendenza?
La chiave di volta fa parte di un cambiamento complessivo
dei modelli e degli stili di vita, con un maggior interesse ad andare a vivere
in aree particolari per clima e realtà locale come sono appunto quelle di
montagna, a cui si aggiunge un aumento sensibile dei servizi anche nelle aree
un tempo marginali, quindi il problema dell’isolamento di questi territori
risulta, se non risolto, sicuramente attenuato.
Quest’anno Vallarsa
ospiterà un festival per molti versi nuovo, ovvero “A coltivar la buona
pianta”, realizzato con l’azienda Aboca, che si occupa di erboristeria. Che
caratteristiche ha questa iniziativa?
Questa iniziativa nasce dalla speranza che, anche grazie
alla collaborazione con Aboca, si sviluppi, in Vallarsa, una filiera produttiva
relativa alla raccolta e alla trasformazione delle erbe medicinali. Questo si
vuole ottenere soprattutto grazie al fatto che Vallarsa è un territorio con
caratteristiche particolari, in primis il livello di agenti inquinanti, che è
molto basso tutto l’anno, e un elevato tasso di “naturalità” e che quindi
permette una biodiversità molto ricca delle piante medicinali.
Quest’anno la rassegna
“Tra le rocce e il cielo” arriva alla terza edizione, si sente di tracciare un
bilancio e delle prospettive riguardo a questa iniziativa?
Quella che sta alla base di “Tra le rocce e il cielo” è
un’esigenza soprattutto culturale. L’esigenza è quella di costruire una cultura
dei luoghi di montagna attorno alle popolazioni che abitano questi luoghi, per
creare la consapevolezza che queste popolazioni non sono sole, non sono
tagliate fuori dal mondo, ma che a partire dalla montagna si possa creare un modello
che possa essere all’avanguardia riguardo agli stili di vita, ai modelli
economici e produttivi, ma sempre fortemente agganciato a quelle che sono le
evoluzioni a livello “macro” del sistema nel suo complesso. Insomma, l’esigenza
di “fare cultura” della montagna in modo che la montagna non sia più sola, ma
fortemente integrata in un nuovo sistema con nuove caratteristiche.
Vallarsa ospita anche
un Centro Studi Etnografico, dotato di un Museo della Civiltà Contadina, ci può
dire che caratteristiche hanno questi centri culturali e quali bilanci e
prospettive se ne possono trarre?
Il Museo e il Centro Studi nascono sulla base di un
movimento di abitanti di questa Valle che aveva alla base l’esigenza
soprattutto di tramandare alle generazioni future una memoria sulla vita nei
tempi passati. Da questa idea ed esigenza è nata dapprima una raccolta di
oggetti legati alla memoria, e poi anche una modalità di esposizione di questi
oggetti che rendesse possibile un collegamento automatico con il loro utilizzo,
con la vita dell’epoca, in modo da poter anche tracciare degli spunti per il
futuro. Da questo punto di vista i risultati sono molto positivi. Il Centro
Studi è un’associazione privata e, anche se riceve contributi
dall’amministrazione pubblica, è capace di sorreggersi quasi totalmente sul
volontariato e sulla passione di chi ne fa parte e lavora molto attivamente per
veicolare memoria, cultura e valori fra gli abitanti della valle. In questo
penso che il Centro Studi possa essere d’esempio per altre iniziative di questo
genere.
Parlando con il
Geremia Gios professore di economia agraria e forestale, in un modello
economico sempre più integrato e globale, quali caratteristiche particolari ha
la montagna che la differenzi dal resto del sistema e quale ruolo può giocare
il territorio di montagna in un sistema economico come quello che ci circonda?
L’economia di montagna ha un grande vantaggio, che è
l’essere per eccellenza il luogo “del limite”, e in un momento in cui tutto il
mondo scopre il limite come fine della possibilità di incrementare all’infinito
produzione e ricchezza, ciò fa essere l’economia di montagna un pezzo di un
nuovo paradigma economico da costruire. La montagna ha due grandi pregi: è un
luogo tendenzialmente ricco di risorse naturali e in più è sede di forme
peculiari di organizzazione sociale. In più è un luogo che fa vedere molto
chiaramente quali sono le conseguenze dei vari tipi di intervento, quindi nel
futuro credo che la montagna possa diventare un laboratorio per nuovi modelli
sociali ed economici che abbiano sempre un occhio fisso sui limiti del
territorio e sulle conseguenze delle scelte, per valutare le scelte con
anticipo.
Quale ruolo può avere
la politica nel costruire un progetto che coinvolga i luoghi e soprattutto i
luoghi di montagna?
La politica ha essenzialmente il ruolo di creare le
condizioni perché le diverse popolazioni e i diversi territori possano
esprimere appieno le proprie potenzialità, di concerto e in maniera coordinata
con altre popolazioni e altri territori. Questo vale anche e soprattutto per i
territori di montagna, in cui la grande varietà e differenziazione fra i vari
territori pone l’esigenza che vi siano forme di autonomia che consentano di
organizzare al meglio la vita materiale e sociale delle varie popolazioni.
Ludovico Rella
ludovico_rella@yahoo.it
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