Mauro Odorizzi, Orchestra Popolare delle Dolomiti: da dove nasce questo progetto e di cosa si tratta?
L’Orchestra Popolare delle
Dolomiti nasce nel dicembre 2011, ma l’esordio sul palcoscenico - dopo alcuni
mesi di lavoro - è avvenuto a
Trento il 9 luglio scorso nell’ambito di
Itinerari folk. L’ensemble riunisce associazioni e musicisti già attivi nell’area dolomitica
nell’ambito della musica tradizionale:
veneti, trentini e sud-tirolesi che hanno condiviso l’idea di far rivivere
queste musiche “dormienti”, antichi ballabili per violino e mandolino che per
quasi un secolo sono rimasti custoditi dentro alcuni quaderni manoscritti fortunosamente ritrovati in Cadore.
Dal ritrovamento di questo tesoro culturale l’associazione Calicanto ha
preso le mosse dapprima sul versante etnomusicologico lavorando ad una
pubblicazione che documentasse questo materiale, in un secondo momento per
rielaborare queste musiche e poterle reinterpretare in forma orchestrale .
La presentazione del volume con CD allegato “Ballabili antichi per mandolino o violino,
un repertorio dalle Dolomiti del primo 900”, curata dall’editore friulano Nota,
specializzato nella pubblicazione di documenti sonori della tradizione e in
ricerche storico-musicali, è avvenuta a fine giugno . Gli autori, Roberto
Tombesi, Francesco Ganassin e Tommaso Luison offrono una lettura testuale,
storica e musicologica dei manoscritti. Nel libro c’è la trascrizione integrale
di uno di questi quaderni, contenente 115 melodie, e nel CD allegato sono
riprodotte 39 di queste melodie. Molto diffuso è il valzer, ma si trovano
numerose forme di danza e titolazioni veramente inconsuete: monferrina,
varsovien, galop, gavotte, berlingozza, mazurca, etc..
La formazione dell’orchestra è
avvenuta mettendo in rete gruppi che sul territorio lavorano da anni nel
recupero e nella riproposizione della memoria musicale: I trentini Abies alba,
Compagnia del Fil de Fer e Quartetto Neuma, i sudtirolesi Pasui, i vicentini
BandaBrian, i bellunesi Altei, oltre naturalmente ai padovani Calicanto, A. Tombesi ensemble e Mideando
String Quintet. A Francesco Ganassin,
componente di Calicanto, è stato affidato il compito di scegliere i brani,
realizzare gli arrangiamenti e dirigere l’ensemble.
L’anteprima dello
spettacolo, andata in scena a Trento, è
stata accolta con inaspettato entusiasmo dal pubblico e ha convinto tutti della
possibilità di far consolidare il progetto e far diventare l’orchestra una
realtà stabile. L’idea di ridar voce a questi brani anonimi, ma che ci
raccontano la storia delle orchestrine che suonavano nell’area delle Dolomiti
circa ottant’anni fa, presenta un suo fascino anche estetico ed emotivo che
merita di essere promosso. Il repertorio del concerto presenta poi anche dei
brani cantati sempre legati alle tradizioni musicali delle Dolomiti.
Il fatto che abitiamo in zone
anche piuttosto distanti una dall’altra rende certamente complessa
l’organizzazione dell’orchestra. Finora le prove si sono svolte in Trentino, prima a Spera e poi a Borgo
Valsugana dove abbiamo ricevuto una splendida ospitalità dalla famiglia Galvan,
titolare della fabbrica di armonium e organetti fondata nel 1901. Un luogo
storico per la musica tradizionale.
Il lavoro che avete compiuto sui manoscritti che immagine
ha restituito della cultura musicale alpina?
Il manoscritto è un autentico
tesoro dal punto di vista musicale ed etnomusicologico, purtroppo nell’arco
alpino c’è poco materiale di questa importanza, non solo quantitativa ma qualitativa: i manoscritti ritrovati
testimoniano gli usi musicali delle
valli del Cadore, in gran parte similari ad altre tradizioni delle aree alpine
e prealpine centro-orientali, formando quasi una koinè culturale comune. Questo
ci permette di valutare i legami con altre aree dolomitiche, com’è certamente
quella sud-tirolese che presenta altre pecurialità. Per questo motivo stiamo
cercando di avere stabilmente all’interno dell’orchestra la presenza di
musicisti sud-tirolesi per poter integrare questo percorso, arricchendo il
repertorio e l’analisi sugli stili e i linguaggi.
Quali esigenze ci sono perché un lavoro come il vostro di
riscoperta delle tradizioni abbia “successo”?
La nostra decisione di
concentrarci sulle Dolomiti, nata dall’esigenza di Calicanto di approfondire la
ricerca dei repertori alpini, speriamo possa essere aiutata dal fatto che
recentemente l’Unesco ha proclamato questo territorio di montagna patrimonio
dell’Umanità. Confidiamo che si possa ragionare non solo di bellezza del
paesaggio, ma anche di cultura e di storia sociale di questo territorio. In
questo quadro il progetto dell’Orchestra Popolare delle Dolomiti è una risorsa
importante che vorremmo mettere a disposizione delle istituzioni, se queste
sapranno coglierne la rilevanza. L’auspicio è che questo articolato progetto
che mette in rete realtà diverse e conoscenze (ricercatori, liutai, storici,
musicisti, didatti, etc.) in una accattivante forma di spettacolo, possa
trovare una adeguata valorizzazione e supporto a vari livelli. Il Centro S. Chiara a Trento ha dato un
grande contributo ospitando l’esordio dell’orchestra in occasione della 25 edizione di Itinerari
folk. Ma ora dovremo battere ad altre porte per diffondere e far conoscere il
nostro lavoro. Questo per noi sarebbe il “successo”: trovare soggetti pubblici
e privati che sappiano apprezzare questa idea e abbiano il coraggio di
promuoverla.
Qual è il vostro organico?
Siamo organizzati in due sezioni
di strumenti a corda, una di plettri con quattro mandolini, due chitarre e una
mandola, e una di archi con quattro violini, un violoncello e un contrabbasso,
poi abbiamo un’arpa, un organetto diatonico, una sezione di fiati con traverso,
ottavino, flauti diritti in legno, schwegelpfeife, cornamuse, clarinetto e
tromba, percussioni popolari, armonica a
bocca, cetra e un armonio a pedale, prodotto dalla ditta Galvan, il piccolo
modello “scuola”, un tempo presente in molte aule scolastiche. Le parti vocali
principali sono affidate a Claudia Ferronato, ma ci sono anche momenti corali.
Quanta parte delle musiche tradizionali che avete ritrovato
sopravvive ancora oggi e quanta è andata perduta?
Sostanzialmente quest’opera è
stata di recupero di musiche quasi
completamente dimenticate. L’epoca delle
orchestrine paesane è finita da un pezzo e così pure quella dei complessi
mandolinistici. Il mutamento del contesto economico sociale ha prodotto una
notevole perdita di memoria. Molti strumenti sono stati soppiantati da altri
più versatili, basta pensare all’avvento della fisarmonica cromatica che ha
soppiantato il vecchio organetto diatonico, la cosiddetta “reta”. Alcuni hanno
perso completamente la loro attrattiva popolare come ad esempio il mandolino
che un tempo era molto diffuso o la cetra. Altri ancora appartengono ad un
passato ancora più lontano e penso alla cornamusa, anche se all’inizio degli
anni sessanta è stato documentato l’uso di questo strumento nelle valli
bergamasche.
Quindi quella koinè di cui parli riguardo al triveneto è
un momento storico che ora non si riscontra più?
Le analogie nei repertori
tradizionali del nord Italia sono molte, se pensiamo alla tipologia di
ballabili, alla strumentazione utilizzata e allo stile esecutivo. Allo stesso
tempo se viaggiamo attraverso le Alpi troviamo tantissime peculiarità locali,
enclave musicali specialissime che hanno conservato repertori veramente
arcaici: la musica violinistica della Val Resia, il carnevale di Bagolino e
Ponte Caffaro, i balli da piffero delle quattro Province, i repertori da ballo
delle valli Occitane o dello Zillerthal. La diffusione della musica scritta a
cavallo tra ottocento e novecento, attraverso pubblicazioni come “Il
Mandolino”, è poi responsabile della nascita di un repertorio comune di
composizioni di intrattenimento (polche, mazurche, valzer, tanghi, etc.) che
avvicinava gli appassionati di musica attraverso la distribuzione capillare di
questo quindicinale
In quali eventi avete avuto modo di suonare?
L’anteprima come ho detto è stata il 9 luglio 2012 nella
rassegna “Itinerari Folk” a Trento. Poi c’è stata la bella serata alla fabbrica
Galvan di Borgo Valsugana il 30 luglio. E il 5 agosto abbiamo suonato a Baone,
sui Colli Euganei, in provincia di Padova ad un neonato festival di musica
popolare. Il prossimo appuntamento è il 2 settembre in Vallarsa, all’interno
della manifestazione “Tra le rocce e il
cielo” e poi saremo a Rovigo l’8 settembre al festival “Ande Bali e Cante”.
Quale è stata la risposta del pubblico al vostro concerto?
Molto buona, direi galvanizzante
per noi, e per certi versi inaspettata. Sia a Trento che a Borgo che a Baone
abbiamo visto moltissima gente entusiasta e questo conferma che attraverso lo
spettacolo passano anche delle emozioni.
Se questo voglia dire che c’è anche un maggiore interesse, rispetto al passato, nella
riscoperta delle proprie radici culturali questo non posso dirlo. Per noi è importante che lo spettacolo
funzioni bene, trasmetta e comunichi
qualcosa al pubblico. Speriamo che anche i giovani trovino interessante questo
progetto e abbiamo la curiosità di vederlo. Nel resto d’Europa i giovani vanno
a vedere molto numerosi i concerti di musica tradizionale, ricominciano a
suonare strumenti particolari, frequentano i festival. In Italia questi
fenomeni ci sono, basta pensare alla taranta salentina con le sue luci e le sue
ombre, ma non sono presenti dappertutto.
Quindi il problema è sia di costruzione di una cultura
musicale che poi di una costruzione di una cultura e di una memoria?
Sicuramente i problemi rimandano
a entrambe queste dimensioni.
Un esempio sul Trentino, che è la
realtà che conosco meglio: c’è una rete formidabile di scuole musicali, e
nessuna che proponga un corso di mandolino, di organetto diatonico e di altri
strumenti, è possibile? L’organetto in
particolare che ha avuto un significato storico particolare, perché costruito
in Trentino da vari laboratori come Galvan (Borgo), Giuliani (Mori), Branz
Dallapè (Trento), Socin (Val di Non e Bolzano), etc. e addirittura esportato in
giro per il mondo.
Il ritrovamento del manoscritto Cadorino
è avvenuto grazie a Manuela De Luca Valente, una studentessa dei corsi di
etnomusicologia del Conservatorio di Padova, corsi che oggi sono stati
cancellati a causa dei tagli all’istruzione.
In Piemonte nelle valli occitane
il forte senso d’identità ha ad esempio portato al recupero di una prassi,
diffusa anche tra i giovani, di suonare la ghironda e l’organetto. Così in
Tirolo e Sudtirolo le scuole musicali hanno corsi di arpa tirolese, zither,
organetto, hackbrett, etc.
Quali progetti avete per il futuro?
Lo spettacolo ovviamente è ancora in fase di rodaggio, ma ci
stiamo preparando perché il 2013 possa regalarci qualche soddisfazione. Speriamo che lo spettacolo possa girare il
più possibile, compatibilmente col fatto che veniamo da zone diverse e
distanti, e non siamo professionisti. Ci stiamo attrezzando con gli strumenti
informativi che sono ormai indispensabili: una pagina facebook che già potete
consultare, un website in costruzione, una documentazione audiovisiva che
riguarda lo spettacolo che abbiamo fatto a Trento. Sul sito di Calicanto,
inoltre, potete trovare le modalità per acquistare il libro a 15 euro.
Ludovico Rella
ludovico_rella@yahoo.it
ORCHESTRA POPOLARE DELLE DOLOMITI SI ESIBIRA' IN VALLARSA A TRA LE ROCCE E IL CIELO DOMENICA 2 GIUGNO ALLE 21 AL TEATRO COMUNALE DI S. ANNA. INGRESSO LIBERO.
Nessun commento:
Posta un commento