Nel tuo ultimo libro
“Il giro della Farfalla” (Curcu & Genovese) parli di un tuo viaggio in
bicicletta per il Trentino, come sei arrivato a raccontare questo?
Recuperando la tesi di laurea del 1898 di Cesare Battisti,
in cui lui definisce il Trentino una farfalla per via dei suoi confini
geografici sulla mappa, abbiamo definito il giro del Trentino “il giro delle
farfalla”. Abbiamo cercato di ripercorrerlo con la bicicletta seguendo il
confine. Non passo passo, perché i confini attraversano le catene montuose, ma ripercorrendo
le strade che a destra e sinistra seguono il perimetro del Trentino.
Sconfinando in Alto Alto Adige, in Veneto, in Lombardia la dove il percorso lo
richiedeva. E’ un’attraversata di terre di confine, perché con l’obiettivo di
seguire il profilo geografico della nostra provincia abbiamo continuato ad
andare qua e la nelle zone limitrofe. Racconto un viaggio per le strade
asfaltate, meno frequentate, attraverso i grandi passi alpini. Passi poco
battuti perchè con le nuove bretelle del fondovalle le strade sono sempre più
veloci, sempre più in basso e i valichi alpini sono sempre più abbandonati.
Qualche passo, come quello dello Stelvio, conserva ancora la sua importanza,
altri sono sempre meno battuti proprio perché il traffico scorre a fondovalle.
Perché hai scelto la
bicicletta come mezzo per questo viaggio?
Vado in montagna da sempre. La bicicletta è il modo che
preferisco per girare le valli trentine e non solo. E’ un modo per andare in
montagna, non è tanto la bici di per se, ma la voglia di stare all’aria aperta
e a contatto con la natura. La bicicletta rispetto all’automobile ti permette
di viaggiare molto lentamente e di vedere quello che hai attorno, di gustarlo,
di capire cosa ti passa sotto i pedali e di farti incuriosire. A muovere tutto
è la curiosità, una delle virtù più diffuse e sottovalutate dell’uomo. Ce
l’abbiamo un po’ tutti, ci pensiamo poco, ma è il motore che ti spinge a fare
le cose, a passare da un orizzonte all’altro, a cercare cose nuove. Rispetto al
camminare l’andare in bici è un po’ meno
lento e ti permette di percorrere più chilometri. In una giornata puoi cambiare
valle, provincia, paese. In bici puoi fare 200, 250 chilometri molto
lentamente, ma non così piano come a
piedi.
Infatti sono bastati
9 giorni per fare il giro del Trentino?
Abbiamo impiegato 9 giorni per compiere l’anello del
trentino poi a ogni tappa abbiamo fatto un giro con partenza e rientro dal
punto di sosta verso l’interno o sconfinando nelle zone limitrofe, itinerari ad
anello. Una formula di 9 giorni più nove in cui sono stati percorsi 2.000
chilometri, 50 mila metri di dislivello e 50 passi alpini.
Hai curato per la
Fondazione museo storico di Trento una mostra sulla storia della bicicletta “
Il cavallo d’argento”.
Ci siamo occupati della storia del ciclismo in Trentino, che
ha molto a che fare con la storia
dell’associazionismo, dell’irredentismo, è uno sport legato a doppio nodo alla
stria del Trentino e ha a che fare con lo spirito di autonomia. Io l’ho seguita
perché mi occupo all’interno della Fondazione dei progetti di divulgazione
storica. Il fatto che io vada in bicicletta, però, è del tutto casuale, è una
coincidenza. Mi sono molto divertito a lavorarci perché è un argomento che mi
appassiona anche al di fuori del lavoro, ma le due cose non hanno un
collegamento.
Nell’incontro LA
GIOIA DELL’ANDAR LENTI, venerdì 31 agosto, alle 21.00 al Tendone di Riva di
Vallarsa, all’interno del festival Tra le Rocce e il cielo si parlerà del
viaggiare piano. Perché vale la pena viaggiare lentamente rispetto a fare un
altro tipo di viaggio?
Sono convinto che il territorio abbia una serie di
suggestioni da offrire, una serie di informazioni da svelare, che non sempre
possono essere comprese in modo immediato e se il tempo è poco. Ogni provincia,
ogni valle, ogni paese ha una storia da raccontare. I segni di questa storia,
ricalcano in realtà il portato culturale delle comunità che vi hanno abitato.
Questi segni sono più o meno visibili a seconda delle informazioni che il
territorio da e dal tipo di lettura che se ne vuole fare.
E’ evidente che quando io passo per Trento e vedo il Doss
Trento posso fermarmi a pensare che quello è uno dei tre dossi che ha dato il
nome alla città e che sul dosso c’è il mausoleo a Cesare Battisti. Posso
fermarmi qui, oppure posso pensare chi era Cesare Battisti, a quale è stato il
suo ruolo in Trentino e via di questo passo. Questo discorso si può fare per la
piazza del Duomo a Milano o per il lago di Speccheri in Vallarsa, nel momento
in cui mi ci avvicino e rifletto sul fatto che non è un bacino naturale. Posso
limitarmi ad osservarlo o andare in profondità chiedendomi quando è stato
costruito, da chi, perché, con quali capitali, con quale impatto sul territorio
e con quali stravolgimenti anche sul paesaggio mentale della gente. In questo modo
il territorio può essere letto a più livelli e tanto più lentamente cisi muove
sopra al territorio, tanto più è facile trovare il tempo per andare in
profondità nei vari livelli di informazioni che un territorio ha.
“Il giro della
Farfalla” come in “L’attraversata delle Alpi in bicicletta” (il libro scritto
in precedenza) abbiamo inserito delle informazioni in maniera molto breve,
senza grandi pretese raccogliendo proprio quelle curiosità che il territorio ci
ha offerto, che sono tantissime e spaziano da una disciplina all’altra dalla
storia, alla letteratura, all’arte.
I tuoi libri sono quindi
un invito al viaggiar più lentamente e con più attenzione?
Sì, lo spirito è quello.
Dopo i tuoi viaggi
Islanda, Croazia, Slovenia, Normandia, sui Pirenei, sulle Alpi, in Scozia, in
Irlanda, nella Patagonia argentina e in Cile, solo per citare alcune delle tue
più recenti mete, ti aspettiamo a Tra le Rocce e il cielo in Vallarsa…in
bicicletta naturalmente!
Stefania Costa
costa_stefania@yahoo.it
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